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Non si può non comunicare.
No, non è uno scioglilingua: al contrario, è una massima della comunicazione. O meglio, è il primo assioma della comunicazione tra quelli definiti da Paul Watzlawick e dagli altri studiosi della Scuola di Palo Alto in California.
Non si può non comunicare. Non esiste un qualcosa che sia un non-comportamento. Le parole, il silenzio o l’attività hanno valore di messaggio, influenzano gli altri e gli altri a loro volta rispondono a tale comunicazione.
Una frase che può sembrare complessa, ma che al contrario contiene una verità semplice e che possiamo comprendere con facilità: anche quando non stiamo comunicando, o stiamo comunicando male, in realtà stiamo dicendo tantissimo al nostro interlocutore. Il messaggio che arriverà sarà in effetti di menefreghismo, superficialità, poco rispetto.
Al contrario, una buona comunicazione veicola a chi abbiamo davanti un tatto, un’empatia – nel marketing, prende il nome di customer-centricity – profondi e di gran valore.
Per spiegarmi meglio, ti faccio un esempio.
La storia di una cravatta
Lo ammetto, ho un debole per le cravatte. Ne ho decine, di fantasie e fatture anche molto diverse tra loro, e quando posso mi perdo tra siti web e recensioni nel tentativo di trovare nuovi abili sarti e artigiani a cui potermi affidare.
A gennaio, dopo qualche mese passato a riflettere, mi sono deciso: vista l’impossibilità di andare fisicamente in negozio, avrei ordinato alcune cravatte attraverso i canali digitali. Una scelta da un lato molto rischiosa – si tratta pur sempre di un prodotto fatto a mano e rispetto a cui l’incontro di persona per le misure, i tessuti e i colori è gradito se non indispensabile – ma d’altra parte piuttosto stimolante. Avevo infatti deciso di prenderlo come un esperimento di customer experience… e così si è dimostrato 🙂
Torniamo alla mia esperienza. Dopo alcune ricerche, ho deciso di affidarmi a un sarto napoletano: ottime recensioni e diversi articoli dedicati alla sua maestria. Immagina dunque il mio primo stupore, una volta raggiunto il sito web: poche parole mal scritte, e soprattutto non in lingua italiana. Dopo avere ritrovato l’indirizzo email, ho deciso allora di contattarlo direttamente. La risposta del sarto alla mia domanda “ma perché non ha il sito tradotto in lingua italiana?” è stata: “perché 7 clienti su 10 sono internazionali”.
Interessante, ma mi sono subito chiesto: e gli altri 3, ovvero il 30% del fatturato? Non meritavano e non meritano tuttora un servizio di tradizione italiana dei testi, piuttosto complicati considerando l’uso fitto di parole tecniche nei copy?
In poche parole, il sarto aveva seriamente rischiato di perdermi per via della mancanza di comunicazione basilare, proprio perché aveva meta-comunicato un senso di scarso interesse nei miei confronti (non interesserà a tutti, ma tranquillizzo sul fatto che la storia ha comunque avuto un lieto fine commerciale grazie alla sua disponibilità e simpatia via email, tanto da esserne diventato un cliente fedele e felice).
Cosa può insegnare questo episodio così semplice? Dal mio punto di vista, due take-away:
- [appunto] non si può non comunicare;
- il primo assioma della comunicazione è valido soprattutto per le realtà di micro, piccole o medie dimensioni.
L’importanza della comunicazione per le PMI
Che sia digitale o analogica, la centralità della comunicazione è dunque ormai fuori discussione.
Il 2020 ci ha insegnato che dobbiamo essere pronti e resilienti a tutto, ma soprattutto che dobbiamo avere sempre attivo un canale di interazione costante con il pubblico – qualunque cosa accada. Anche perché, in questi mesi di “post”, sta succedendo un fenomeno che il New Yorker ha battezzato “ansia da riapertura”, sottolineando come si stia proprio aprendo un periodo che ne sarà caratterizzato (the age of reopening anxiety). Fenomeno confermato anche dalle statistiche, come quella di uno studio pubblicato nel Marzo 2021 dall’American Psychological Association, secondo cui il 50% degli statunitensi si trova a disagio nel tornare a interazioni della vita “normale” – faccia-a faccia, fisiche e di contatto diretto.
Se la comunicazione è importante, per una realtà di micro, piccole o medie dimensioni è essenziale. Tutto è comunicazione e tutto parte dalla comunicazione – business compreso. Se un’azienda non è presente nei principali luoghi di comunicazione (il semaforo, il supermercato, Google o Instagram a seconda delle occasioni, dei periodi o dei canali), non esiste proprio agli occhi del possibile cliente. In un video di qualche anno fa, proprio Google ci poneva una fatidica domanda rispetto alla presenza degli small business sul motore di ricerca: are you there? (ovvero: ci sei? sei connesso con i clienti?).
La comunicazione contemporanea, poi, è esponenziale per DNA: indipendentemente dal mezzo e dal canale, un effetto virale e di passaparola ne può ampliare a dismisura la portata. Nel bene, e nel male… per questo, se non lo hai ancora letto, ti consiglio un mio articolo su questo blog proprio su come scatenare il social buzz.
Mi spingo ancora un po’ più in là: per motivi di budget, tempo, persone e altre restrizioni, sono proprio le PMI a dover comunicare nel modo più corretto (e dunque efficiente) possibile.
Come si comunica bene? Quattro passi (e un modello) per iniziare
Spero dalle righe sopra di avere trasmesso l’urgenza e la centralità della comunicazione, soprattutto per realtà di dimensioni più ridotte. Per sviluppare quello che voglio dirti, ti mostro e spiego un secondo esempio sempre a tema cravatte.
Ti piace? Il prodotto, immagino di sì; ma non mi riferivo a quello. Il copy, come lo trovi? Se ti stai chiedendo cosa c’entra la garza della cravatta con i filetti di pollo e la gelatina, ti propongo anche la descrizione mostrata all’interno della pagina nell’e-shop:
Proprio non male… 😂 Pensa a cosa può portare una soluzione di traduzione automatica dalla pagina inglese, a cui nessuno si è degnato di fare un secondo check.
E se i messaggi di questa azienda – peraltro, una storica realtà italiana di moda e accessoristica – ci fanno sorridere, mettiamoci nei panni del cliente e il sorriso svanirà presto. Spenderesti 150€ (a cui aggiungere le spese di spedizione) se leggessi un messaggio così poco curato? Ecco. La mia prima sensazione, è stata molto negativa. Perché mai avrei dovuto fare attenzione al loro prodotto, se palesemente questa non veniva ricambiata con altrettanto customer caring?
Di questi esempi, è pieno il mondo: a proposito, un articolo molto divertente di Bored Panda ne elenca altri 139 – dal turismo alla ristorazione fuori casa, e da tutto il mondo.
La sfida non è dunque solo comunicare, ma anche e soprattutto farlo bene. E sappiamo che un aiuto, in queste situazioni, fa sempre comodo. Ecco allora i quattro passi indispensabili per sviluppare o rinforzare una competenza comunicativa forte (leggi: strategica) in azienda, indipendentemente da dimensioni e budget a disposizione, secondo un articolo pubblicato da Georgia Everse su Harvard Business Review.
- Fondamenta solide. Spesso, si tende a percepire la comunicazione come un mero costo, invece che un investimento. Bisogna cambiare approccio: essa è fondativa di qualsiasi business sano e che guarda al futuro. Chi non comunica, a tendere avrà una vita molto dura, e lo stesso accade a chi non comunica bene. Uno studio statunitense su circa 1.500 rispondenti dal nome emblematico (Grammar Drama: These Common Grammar Mistakes Make You’re* Company Look Dumb), ha evidenziato come una comunicazione aziendale sgrammaticata e non curata ci fa pensare all’interlocutore come poco professionale (51,8%), poco credibile (34,9%) o addirittura inesperto rispetto al proprio business (7,9%).
- Strumenti efficaci. Senza tool, non possiamo andare da nessuna parte – nemmeno per quanto riguarda la comunicazione. Un framework utile è chiamato What / How / Who: devi chiarire quali messaggi ed esperienze vuoi veicolare rispetto ai prodotti o servizi (What – category plan), su e con quali canali (How – channel plan) e a chi vuoi comunicare per raggiungere l’obiettivo (Who – audience plan).
- Processo di sviluppo. 3, 2, 1… via! Non ti resta che lanciarti. Il giusto paracadute è proprio un piano di sviluppo, capace di chiarire chi fa cosa in azienda rispetto alla comunicazione, quali sono i processi interni, quali metriche monitorare per capire come stai andando, … Lo so, non è facile. Cerca il più possibile di mettere nero su bianco quello che decidi.
- Persone e competenze. Chi progetta e gestisce la comunicazione? Così come se si rompe un rubinetto chiamiamo l’idraulico, per garantire una buona comunicazione servono professionalità e competenze. Un ruolo che si sta facendo sempre più strada è quello del Brand Journalist: 50% comunicatore, 50% marketer, 100% alleato dell’approccio comunicativo aziendale.
PS: se pensi che la mancanza di persone e competenze sia prerogativa esclusiva delle piccole e medie realtà, forse non ricordi il caso datato 2018 della campagna Dolce & Gabbana per la promozione di una sfilata a Shanghai accusata di razzismo e sessismo a causa di spot giudicati molto offensivi dal target orientale della comunicazione.
Nei video incriminati, una modella cinese assaggia per la prima volta un pezzo di pizza, un piatto di spaghetti e un cannolo, usando le bacchette (con le ovvie difficoltà del caso), il tutto arricchito da diversi stereotipi con cui il mondo occidentale guarda alla Cina. Nel video con il cannolo, una voce fuori campo chiede alla modella se le dimensioni del dolce fossero troppo grandi per i suoi gusti.
Contenuti ora difficilmente ritrovabili online, ma che hanno causato in poche ore perdite di fatturato enormi per il brand che vede proprio nei consumatori cinesi uno dei target più importante e strategico (secondo le stime, circa il 30% del fatturato complessivo).
Fatti la giusta domanda
Se questo articolo ti ha stimolato più di una domanda, sono felice: l’obiettivo è stato ampiamente raggiunto 🙂
Per riuscire a trasformare il pensiero in azione, prova però a rispondere a una sola questione.
Quanto sei disposto a spendere per acquisire un nuovo cliente?
Questa è LA domanda da farti e a cui dare risposta per capire l’investimento in buona comunicazione che sei disposto a sostenere per aiutare il business. E non parlo naturalmente solo di risorse economico-finanziarie, ma di tutti i punti che abbiamo toccato in questa lettura.
Buon lavoro!