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Nel 2008 il quotidiano americano New York Times, per far fronte ad una delle prime grandi crisi del nuovo millennio per la stampa periodica, dovette vendere parte del prestigioso stabile che lo ospitava. Di lì a pochi mesi, grazie all’elezione di Barack Obama come presidente degli Stati Uniti d’America, le sue vendite, almeno per un giorno, salirono del 35%. Sembra che gli eventi epocali, quelli che tutti vogliono ricordarsi e perpetuare anche ai figli, abbiano ancora bisogno dei quotidiani, come a voler fermare per sempre quel giorno.
Ciò che tutti ormai stavano iniziando a capire era che internet stava occupando quello spazio dedicato all’informazione, soprattutto di approfondimento, che fino a pochi anni prima veniva svolto da riviste e quotidiani. I primi quotidiani iniziarono a chiudere proprio in quegli anni, ma sarà dieci anni dopo, tra il 2019 e il 2022, che si consumerà il vero e proprio “declino” dei quotidiani stampati.
Soltanto negli USA, dal 2005 al 2022 sono chiusi 2200 giornali, spesso responsabili di portare informazioni in zone remote e occuparsi di notizie locali; un servizio che il web, pur nella sua diffusione capillare, non riesce a garantire, vuoi per il digital divide (dovuto anche ai costi di connessione), vuoi per la cura editoriale necessaria a scegliere le notizie e redigere gli articoli.
Secondo uno studio della Northwestern University, pubblicato nel 2023, la popolazione del Texas dal 2005 è cresciuta del 50%, ma contemporaneamente ha perduto il 65% dei giornalisti.
E, sempre in quello studio, si afferma che la diminuzione dei media, soprattutto di quelli più indipendenti e meno diffusi, ha portato ad una polarizzazione delle idee politiche e, in generale, ad una più diffusa disinformazione, dovuta anche ad una riduzione dei giornalisti e degli stipendi che, di conseguenza, ha reso sempre più difficile il controllo e la ricerca delle fonti.
Nel resto del mondo la situazione non è diversa: il calo delle vendite è stato fortissimo e tutti i grandi gruppi editoriali sono dovuti correre ai ripari cercando di trovare altri canali, oltre ovviamente ad avere una presenza online più o meno forte, spesso diversa per offerta e contenuti da quella cartacea.
Nel 2017, in Italia, secondo i dati dell’Annuario Istat, ormai il oltre il 54,7% della popolazione non aveva mai aperto un giornale nell’arco di una settimana.
In questa epoca in cui i grandi quotidiani sembrano essere sul viale del tramonto, vogliamo invece celebrarli, andando a vedere quelli che sono i più importanti sia a livello di contenuti e vendite, sia a livello grafico. Dati i grandi budget che stavano dietro ad alcuni di loro, l’influenza che hanno avuto sul mondo della comunicazione è stata grandissima.
Breve storia dei quotidiani
Il primo giornale stampato di cui si ha notizia è a Venezia, dove dal 1563 si iniziano a stampare settimanalmente degli avvisi chiamati “gazzette”, dal nome del soldo veneziano, “gazeta”, con cui lo si pagava. In Europa, dai primi anni del 1600, si diffonderanno i primi giornali veri e propri, composti da più pagine, soprattutto in Germania e in Francia.
Da lì a pochi anni le Gazzette cittadine si diffonderanno nelle maggiori città europee, spesso su spinta delle amministrazioni pubbliche, in modo da poter controllare le notizie pubblicate. In parallelo, infatti, si muoverà sempre una stampa clandestina di fogli, notiziari, piccoli giornali, che veicolerà idee rivoluzionarie e anarchiche, censurate dai poteri a cui si opponevano.
Quando, nel secolo successivo, la censura si allentò, i giornali si diffusero sempre di più, anche in America.
Saranno le innovazioni industriali del 1800 a rendere il quotidiano un mezzo di comunicazione davvero di massa, dato che si potevano produrre tanti fogli stampati a basso costo in poco tempo, grazie a macchine tipografiche sempre più veloci. Nel 1814, il Times di Londra acquistò una macchina che permetteva di produrre 1100 stampe all’ora.
Da allora, per quasi 200 anni, il giornale quotidiano diventerà il principale mezzo di informazione della popolazione che, d’altro canto, si alfabetizzava sempre di più. Alcuni giornali si orientarono da subito su uno stile giornalistico più semplice e, a volte, sensazionalistico in modo da arrivare ad un pubblico maggiore, mentre altri mantennero delle caratteristiche specifiche che li rendevano adatti a certe nicchie di pubblico più colto e influente; questi ultimi erano giornali che si occupavano di politica, di finanza, di estero oppure che avevano orientamenti politici o religiosi specifici.
Un mondo di lettori
Un report della World Association of News Publishers del 2015 diceva che, nel mondo, i giornali quotidiani (newspaper) venivano letti da circa 2,5 miliardi di persone, con una crescita dell’1 % nella circolazione, dovuta ad un costante incremento di lettori in Asia che andava a colmare le perdite delle nazioni occidentali (America ed Europa).
A tutt’oggi, il newspaper più letto al mondo è il giapponese Yomiuri Shinbun, stampato a Tokio con una tiratura giornaliera di oltre 9 milioni di copie, cifre che fanno impallidire molti quotidiani europei. Tra i primi dieci quotidiani più letti al mondo per numero di copie, 9 sono asiatici con rappresentanze cinesi, giapponesi, indiane e 1 solo occidentale, il tedesco The Bild che continua a galleggiare intorno ai 2 milioni di copie (nel 2002 ne stampava oltre 5…).
Formati e stili
Una delle caratteristiche salienti dei quotidiani è il formato, grande, come se fosse un lenzuolo, tanto che le persone, fino ad una ventina di anni fa, si potevano distinguere in quelle che sapevano maneggiarlo e ripiegarlo in modo corretto dopo la lettura, e quelle altre che invece non riuscivano mai ripiegarlo nel modo giusto, lasciandolo gonfio e spiegazzato, soprattutto se la lettura avveniva all’aperto e in presenza di vento, anche solo di una brezza.
Il formato grande, chiamato in inglese “broadsheet” si afferma già con i primi fogli settecenteschi e, seppur modificandosi di qualche centimetro a seconda degli stati, mantiene la sua dimensione fino ad oggi. Il formato broadsheet viene da sempre associato ai giornali più autorevoli e permette una impaginazione da 6 a 9 colonne e titoli molto ben visibili. Le dimensioni sono di 381×578 cm., che poi si sono ridotte nel corso dei decenni, tanto che il New York Times e il Wall Street Journal, giusto per fare due esempi importanti, sono grandi rispettivamente 305×559 cm. e 305×578 cm.
L’altro formato caratteristico dei quotidiani è il tabloid, quasi di un terzo più piccolo (260×388 cm., poco più piccolo di un foglio A3), con un numero massimo di 5 colonne. Tradizionalmente utilizzato dai giornali popolari britannici, fino a che alcuni newspaper importanti, come La Repubblica in Italia, non decisero di appropriarsene, creando un prodotto editoriale di qualità che era più maneggevole, andando incontro alle esigenze di mobilità e di comodità del lettore moderno.
Una grafica al servizio dell’informazione
I quotidiani si basano su layout, griglie e impaginazioni piuttosto consolidate e diffuse: suddivisione in colonne, utilizzo gerarchico dei titoli, poche immagini, griglie modulari, font ben definiti. I colori a stampa nei quotidiani sono arrivati negli anni ottanta del novecento, così come le foto a colori che caratterizzavano i giornali scandalistici, inserite in grande formato e spesso al centro della prima pagina.
Le tipologie di contenuti si susseguono ogni giorno nello stesso modo, di pagina in pagina: ad esempio la terza era dedicata alla cultura, mentre le cronache locali precedevano lo sport, le pagine di spettacolo sono le ultime.
Dal punto di vista strettamente grafico, i giornali hanno sempre usato delle linee per separare i vari articoli, organizzati in moduli, chiamati “filetti”. Oltre ai titoli, ci possono essere dei brevi testi estratti e inseriti dentro l’articolo, chiamati “occhielli”.
Il font è un altro elemento distintivo di un quotidiano, tanto che uno dei caratteri più utilizzati nel mondo, ovvero il Times New Roman, in pochi sanno che nacque su commissione del prestigioso Times di Londra.
Ogni quotidiano poi si riconosce per la sua testata, generalmente posizionata nella parte alta della prima pagina; i giornali popolari e scandalistici, almeno in Gran Bretagna, sono sempre stati caratterizzati da una banda rossa sotto alla testata che li rendeva riconoscibili e più visibili.
La data impressa vicino alla testata è una delle informazioni più significative contenute in un quotidiano: l’idea stessa che si debbano ricordare le date esatte degli avvenimenti è uno dei crismi della modernità. Fino al 1600 questa funzione era stata svolta dagli annali, redatti in genere da persone vicine al potere, come nell’antica Roma o nel Papato, e dalle cronache, sorta di diari che nelle città erano tenuti da monaci, preti, amministrazioni. La data di un quotidiano lo posiziona nel tempo e, nell’uso comune, determina anche la sua scadenza: non ha senso leggere il giornale di ieri o, peggio, dell’altro ieri. Perciò, in passato, il quotidiano, una volta letto, poteva diventare qualsiasi cosa: cappello da imbianchino, carta alimentare per incartare il pesce, materiale per la cartapesta, protezione contro il freddo andando in bici, strumento per spaventare il cane domestico, combustibile per accendere il fuoco, ritaglio da diario, ritaglio da studioso, e così via.
Un mondo vario e ancora vivo nell’epoca digitale
Nonostante il quotidiano, o newspaper che dir si voglia, sembri una sorta di residuo fossile di un passato lontano, in realtà la sua versatilità e vivacità lo rende a tutt’oggi uno degli strumenti di informazione di massa più importanti.
Inoltre, grandi testate come il New York Times, autorevoli come il Guardian o lo Zeitguste, hanno implementato intorno alla versione cartacea, un ambiente digitale che permette approfondimenti e visual storytelling di grande impatto, abbracciando la modernità e riuscendo così a compensare l’ormai normale e fisiologico calo delle vendite fisiche.
Il futuro dei quotidiani è ancora tutto da scrivere, ci troviamo in un periodo di transizione che non è ancora finito e, che soprattutto, ci sta dicendo che questo prodotto di informazione è ancora vivo e vegeto. La sua storia non è ancora arrivata al capolinea, chissà cosa ci aspetta…