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Ci sono magazine che sono famosi perché diventati icone del mondo in cui viviamo.
Sono magazine che per il loro nome, il loro aspetto, per ciò che incarnano, sono conosciuti anche da coloro che non ne hanno mai sfogliato le pagine. Non sono molti, ma certamente il National Geographic è uno di questi.
Fondato nel lontano 22 settembre 1888 dalla National Geographic Society, in un mondo che è più o meno quello descritto da Jules Verne ne “Il giro del mondo in 80 giorni” – effettivamente pubblicato solo quattordici anni prima – in cui la geografia ha ancora un connotato esotico e i geografi possono essere considerati dei veri propri scopritori (in realtà, dal punto di vista storico, dei ri-scopritori), il National Geographic nel giro di pochi anni divenne un punto di riferimento per tutti quei curiosi che volevano girare il mondo seduti a fumare sul loro divano preferito.
Nel 1896 la rivista si affacciò in edicola e nei primi anni del nuovo secolo le illustrazioni e le foto divennero importantissimi nel caratterizzarla. I racconti di luoghi esotici e spesso così insoliti degli articoli avevano bisogno di immagini per poter evocare meglio esperienze assolutamente diverse dal quotidiano, paesaggi inimmaginabili, popolazioni con usi e costumi così diversi.
L’approccio del National Geographic è sempre stato quanto di più possibile e neutro si possa immaginare, senza mai essere percorso da pruderie o voyeurismo coloniale, lasciando sempre fuori la politica, soprattutto in periodi in cui la guerra e nuove conquiste stavano cambiando il mondo.
La forma di una rivista iconica
Anche se non tutti hanno letto e sfogliato un numero del National Geographic, quasi tutti possono riconoscerlo quando lo vedono in un’edicola o in una biblioteca.
Il suo formato ridotto, che ne favorisce la spedizione, è molto particolare e insolito nel mondo dei magazine: l’edizione italiana è di circa 18×25 cm, ma altre edizioni o numeri speciali possono arrivare fino ad un formato di 21×27.
L’altra particolarità è la sua rilegatura, ovvero la brossura invece dello spillato, a causa della foliazione consistente, che supera normalmente le 140 pagine, creando una costola poco inferiore ai 2 centimetri. Questa sua dimensione rende la rivista più simile ad un libro e questo ne aumenta anche l’autorevolezza: il lettore non si trova tra le mani delle notizie poco approfondite, transitorie, temporanee, addirittura superficiali, bensì qualcosa di approfondito e di originale che può trovare soltanto su riviste accademiche o in libri di saggistica, dove peraltro non ci saranno le meravigliose immagini per cui il National Geographic è così famoso (e che vedremo tra poco).
Una copertina semplice ma inconfondibile
La particolarità dell’oggetto rivista non basterebbe da sé, se non fosse accompagnata dal suo inconfondibile colore giallo brillante che crea una cornice per le iconiche foto del magazine geografico. L’iconicità di questa cornice gialla è confermata dal logo, un semplice rettangolo giallo dai bordi spessi e l’interno bianco che altro non è se non la rappresentazione di. Questo frame giallo brillante accompagna il magazine sin dalla sua prima pubblicazione e si è imposto nell’immaginario collettivo dell’Occidente in modo straordinario.
Ovviamente non basterebbe la cornice se non contenesse ogni volta delle immagini fantastiche.
La copertina del National Geographic è infatti da sempre associata a foto memorabili: i contenuti della rivista sono infatti basati su appassionanti e ben documentati storytelling legati indissolubilmente a delle immagini che colpiscono il lettore.
Ne è in qualche modo la riprova la ormai famosissima copertina del 1985 in cui compare una ragazza afgana fotografata da Steve McCurry. La ragazza con i suoi occhi grigio-verdi dialogava letteralmente con i lettori, mostrando la paura ma anche la fierezza dei profughi afgani, costretti a scappare dalla guerra ed essere ospitati nei campi rifugiati sui monti del Pakistan.
Il fotografo diciassette anni dopo andò alla ricerca della donna fotografata allora, recuperandone il nome (Sharbat Gula), ritrovandola e creando un memorabile racconto sul come le fotografie possano far diventare protagoniste persone ai margini della storia. Entrambi, fotografo e ritratta, non avevano percepito al momento dello scatto che quel momento sarebbe diventato un simbolo per tutto il mondo. Era semplicemente una delle tante foto disse Steve McCurry, ricordando quel giorno.
Una grafica interna semplice eppure sorprendente
L’utilizzo dell’immagine a doppia pagina, al vivo con i testi sfondati in bianco è un classico del magazine: i titoli e i testi navigano sulle immagini che addirittura, si possono espandere ulteriormente, ripiegandosi su sé stesse e dando vita a pagine anche di lunghezza quadrupla, una volta aperte.
Le immagini del National Geographic sono sempre state impaginate in modo da risaltare, da esaltarsi, da stupire il lettore.
I testi, anch’essi di qualità, hanno avuto un’impaginazione essenziale e pulita, di solito a due colonne e con titoli non troppo urlati. Sotto questa apparente semplicità si nasconde però una griglia molto più complessa che permette grande flessibilità nell’utilizzo delle immagini, soprattutto delle tante illustrazioni informative che sono diventate uno dei suoi punti di forza.
Nel 2017, l’agenzia Godfrey Dadich Partners di San Francisco ha lavorato ad un profondo restyling della rivista. Uno dei temi era quello di migliorare e sviluppare ancora di più la narrazione visiva legata alle fotografie, cercando nuove vie, anche provocatorie e dirompenti nell’utilizzo della grafica, con soluzioni più contemporanee e più insolite. Il restyling ha riguardato anche i font che sono stati progettati ex-novo.
Non soltanto fotografie
Si tende a pensare che il National Geographic offra soprattutto delle grandi fotografie accompagnate da avvincenti racconti di esplorazioni, avventure e scoperte, anche se una delle caratteristiche della rivista è sempre stato il tono divulgativo e informativo. Per poter spiegare scoperte e notizie a volte sensazionali, si è sempre fatto ricorso alle infografiche, oltre che a mappe, illustrazioni e disegni di ogni tipo. Un esempio che riportiamo in quest’articolo sono le mappe lunari uscite nel 1969 in occasione dello sbarco sulla Luna e che rappresentano una tavola talmente riuscita da essere poi venduta come poster (un destino comune a tante immagini del National Geographic).
Di certo, si può considerare il National Geographic come uno dei più importanti luoghi di crescita e sperimentazione delle infografiche, tanto che la casa editrice Taschen, qualche anno fa, ha deciso di dedicare proprio un volume ai cento anni di information design della rivista.
Sono state del resto un punto di riferimento per ogni quotidiano e rivista in tutto il mondo, con uno standard qualitativo altissimo e difficile da eguagliare.
Uno spirito che sopravvive
Quello che ha reso il National Geographic iconico è l’essere riusciti a rappresentare lo spirito di esplorazione e avventura, tanto che il rettangolo giallo è divenuto conosciutissimo anche alle nuove generazioni grazie ai canali televisivi tematici e ai documentari prodotti in tutti questi anni.
Il 2023 è l’ultimo anno della rivista cartacea nelle edicole: infatti dal 2024 sarà disponibile solo sul web e in formato cartaceo per i soli abbonati.
La decisione segue tagli piuttosto importanti e una riorganizzazione importante compiuta dai proprietari del gruppo NatGeo, ovvero la Disney Co., dovuta agli alti costi di produzione e ad un calo impressionante degli abbonati: alla fine degli anni Ottanta contava su oltre 12 milioni di abbonati soltanto negli USA e svariati milioni in giro per il mondo, mentre lo scorso anno si erano ridotti drasticamente a nemmeno 2 milioni.
Considerato il successo delle produzioni video e l’alto costo di una rivista quasi artigianale, in cui scrittori e fotografi potevano impiegare mesi per realizzare un articolo, la decisione di cambiare strada è obbligata.
La speranza è che lo spirito di esplorazione incarnato da questa rivista leggendaria sopravviva e che il magazine possa risorgere sotto nuove vesti.
Fonti delle immagini
https://www.nationalgeographic.com/
https://en.wikipedia.org/wiki/National_Geographic
https://medium.com/@dtattingv/the-design-philosophy-of-national-geographic-a63281fbf22d
https://juanvelascoblog.wordpress.com/page/2/
https://mariastenzel.photoshelter.com/
https://www.matthewtwombly.com/eater-of-the-dead-national-geographic-magazine
https://mollysnow.com/project/ngm
https://www.submex.co.uk/product/national-geographic-magazine-dec-1986-dec-1986-oct-1987/
https://www.fastcompany.com/3067134/100-years-of-brilliant-infographics-from-national-geographic
https://godfreydadich.com/work/national-geographic
Fonte delle informazioni sulle vendite
https://www.agi.it/estero/news/2023-06-30/national-geographic-addio-carta-rivista-22046876/