Del rapporto tra arte e media, tra realtà tipografica e memoria collettiva, Gianluigi Colin è un vero esperto. Art Director del Corriere della Sera, Cover Editor del supplemento culturale La Lettura e artista, Colin ha dedicato gran parte delle sue opere al mondo dell’informazione e alla relazione che lega le parole e le immagini diffuse dai quotidiani al modo in cui l’uomo percepisce l’universo che lo circonda.
La sua è una forma di “archeologia artistica” che mira a indagare alcuni aspetti della realtà attraverso il filtro della cronaca giornalistica; al tempo stesso, le pagine dei quotidiani sono la materia prima con cui crea un nuovo personalissimo linguaggio composto da ritagli di articoli e foto, talvolta accartocciati e assemblati ad altri giornali o ad oggetti di uso comune.
“Il mio lavoro artistico tocca anche il mondo dell’informazione, ma parla soprattutto della sedimentazione del vedere, del tempo, della memoria e ha la funzione di aiutare a riflettere sul nostro presente. Lavoro con lo stesso spirito di un archeologo che preleva e conserva segni, parole e immagini che altrimenti sparirebbero nell’oblio.”
Gianluigi Colin
Nell’ultima mostra in corso fino al 10 giugno alla Triennale di Milano, Sudari, Colin espone per la prima volta sedici quadri astratti, realizzati con i tessuti in poliestere che vengono usati per pulire le rotative dei quotidiani. Le sue “roto-pitture” sono opere composte da sedimentazioni cromatiche che variano dal grigio al verde e all’azzurro, e striature ripetute che sembrano simboleggiare l’energia residua di notizie rimosse dalle macchine da stampa e dai ricordi stessi dell’uomo.
L’allusione è al sistema dell’informazione contemporaneo che crea incessantemente una moltitudine di notizie, rivolgendosi a un pubblico ormai assuefatto al caos informativo. Il risultato è un processo di apprendimento che assimila i fatti presentati dai media a un ritmo frenetico, e altrettanto velocemente li dimentica.
A differenza di altre opere precedenti, in questo percorso insolito a cavallo tra arte tipografica e astrattismo Colin lascia intatti i tessuti che sceglie di trasformare in tela pittorica, valorizzandone il valore narrativo intrinseco. Questi ready made conservano la traccia sfumata dell’inchiostro tipografico, il vago ricordo degli articoli che hanno cancellato, come scie impresse nella memoria.
“In queste tele riconosco le infinite storie di una umanità invisibile. Una memoria sospesa in un tempo che ogni giorno si rinnova: volti di donne e uomini, cronache di vite dolenti sovrapposte a fragili racconti di felicità. Ma qui il presente improvvisamente si dissolve: diventa sostanza informe, stratificazione di colori, pura astrazione.”
Gianluigi Colin
Il punto di vista privilegiato da cui ha origine la narrazione è quello del giornalista, testimone quotidiano di ciò che possiamo chiamare una doppia genesi: quella del mondo, che diventa intellegibile all’uomo solo attraverso il concatenarsi di eventi storici, e quella della realtà mediata dai mezzi d’informazione, che influenza l’identità delle nazioni e il vissuto dei singoli individui.
In quest’ottica, le tele di Colin agiscono come duplice riduzione di questi due universi e testimoniano la caducità della notizia, del fatto storico e della memoria privata e collettiva. Il pubblico, posto di fronte alla dematerializzazione del dato reale, è portato a riflettere sulla funzione del giornalismo, sui processi conoscitivi che caratterizzano la nostra epoca e sul valore quasi catartico dell’oblio.
“I Sudari di Colin offrono una perentoria immagine di eloquente dissolvimento di ansie, cure, ambizioni, misfatti, speranze, imprese, drammi, sogni e menzogne di ogni giornata irreversibilmente trascorsa”
Bruno Corà, curatore della mostra Sudari
La mitologia dei quotidiani è un tema al centro di altri lavori di Gianluigi Colin, che ama osservare la realtà attraverso il flusso delle parole e delle immagini giornalistiche. In alcuni di essi, l’artista accosta foto tratte da quotidiani a soggetti artistici celebri, suggerendo l’eterna commistione tra mito e realtà e la connessione tra immaginario culturale e rappresentazione giornalistica. È il caso di opere come la Zattera della Medusa, 1819 abbinata a una foto di migranti a Lampedusa, o quella del Cristo morto di Mantegna che si riflette sul corpo senza vita di Che Guevara.
In altre occasioni, l’artista dà vita a installazioni che interrogano il pubblico riguardo l’effetto straniante della crescita esponenziale dell’informazione sull’uomo, che è sempre più connesso all’universo virtuale ma meno coinvolto da relazioni reali. Nell’esposizione Caos apparente del 2013, duecentocinquanta blocchi di quotidiani pressati e incollati tra loro giacciono abbandonati sul pavimento, come relitti sopravvissuti alla tempesta di informazioni che ci “investe” ogni giorno. In un’altra sala, le quattro pareti sono completamente ricoperte da tremila stampe fotografiche tratte dall’archivio del Correre della Sera, accostate casualmente a suggerire lo spaesamento e la difficoltà interpretativa provocati dall’eccesso di notizie.
La costante ricerca di nuovi modelli espressivi da parte di Gianluigi Colin ci ricorda come l’artista contemporaneo sia in grado di inventare storie inedite e affascinanti a partire da oggetti d’uso quotidiano, grazie alla capacità di donare loro significati inediti e suggestivi.