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Growth Hacking: cos’è?
Il marketing è l’elemento necessario affinché si venga a conoscenza di prodotti o servizi e delle loro caratteristiche.
Tuttavia, molte aziende alle prime armi che hanno un prodotto o un’idea molto valida, rischiano di vedere sfumare le loro ambizioni a causa di mancanza di fondi o risorse. È il mondo delle startup che ha dovuto ingegnarsi per sperimentare nuovi modi per promuoversi nel mercato con il massimo impatto e il minimo costo.
Con il dilagare della digitalizzazione, il growth hacking è emerso come un nuovo modo per migliorare la scalabilità delle imprese. Mentre il termine è molto in voga nel nostro settore, pochi sanno realmente cosa significhi. Serve quindi chiarirne le origini e comprendere come sfruttare al meglio le caratteristiche di questo processo.
Definizione e caratteristiche del growth hacking
Il growth hacking è una metodologia che permette di individuare i metodi più efficaci per far crescere un’attività attraverso l’unione di tecniche di marketing basate sulla creatività, l’analisi dei dati e l’incontro tra più discipline. Analizzando il termine nelle due componenti, scopriamo come ha un ruolo fondamentale la crescita (growth) come risultato da raggiungere attraverso tecniche innovative (hacking).
Il termine fu coniato per la prima volta nel 2010 da Sean Ellis, un famoso esperto di marketing e crescita del business che collaborava con aziende del calibro di Dropbox e LogMeIn. Egli specificò come le startup, per raggiungere una crescita rapida e sostenibile, dovevano affidarsi ad una figura con capacità analitiche, creative e con il giusto coraggio per assumersi i rischi. Sempre secondo Ellis, il growth hacking coinvolge più ambiti quali la scienza, l’analisi dei dati e la produttività. In sostanza, attraverso più discipline si procede a testare diverse tipologie di strategia per capire quella che sarà più efficace per raggiungere gli obiettivi. Mentre il marketing tradizionale si basa sui canali convenzionali come televisione, giornali e radio, il growth hacking punta a sperimentare metodi innovativi al fine di ottimizzare i fondi a disposizione verso la crescita. Infatti, tale metodo si focalizza sulla scalabilità invece che su ogni aspetto del business.
I tre principi per miglioramenti costanti e da dove ha origine il growth hacking
Quando guardiamo alle migliori aziende, notiamo che hanno un approccio scientifico basato su piccoli miglioramenti, ma costanti. Esse mettono in pratica tre principi che si rivelano essere estremamente efficaci.
Principio #1: funzionalità vs estetica
Il primo paradigma sottolinea come i grandi brand progettano per la funzionalità, non per l’estetica. L’estetica guarda alla bellezza a discapito del supporto ai clienti nel raggiungimento di un obiettivo. La funzionalità invece comprende a fondo i bisogni delle persone e quelli della propria attività attraverso l’ausilio di ricerche approfondite. Quando i dati raccolti evidenziano la necessità di ottimizzazione anche dal punto di vista estetico, allora entrambi i concetti combaciano. L’errore nasce quando le aziende pensano che la pura estetica sia un sostituto della ricerca e dei test.
Principio #2: sperimentazione
Il secondo principio riguarda proprio la sperimentazione. Qualsiasi cambiamento apportato dalle grandi aziende è una conseguenza di decisioni basate sui dati che vengono continuamente verificate con strumenti come gli A/B test. Un tale metodo e mindset aziendale è fondamentale per controllare rapidamente cosa sta funzionando e cosa no.
Principio #3: ottimizzazione incrementale
Il terzo principio si riferisce all’applicazione di frequenti e incrementali aggiustamenti. Se guardiamo ai siti web delle migliori aziende al mondo o alle loro applicazioni online o agli store fisici, raramente avremo enormi cambiamenti da un giorno all’altro, ma vedremo piccole modifiche giornaliere o settimanali. In questo modo si avranno tre benefici: si noterà cosa funziona in modo molto specifico, il processo di miglioramento rimane agile e permette di fare scelte immediatamente attuabili. Questo principio ha origine dalla matematica, in particolare dagli esponenti: se un evento viene ripetuto continuamente, il suo effetto si moltiplica e la crescita diventa esponenziale.
Growth Hacking e Marketing Agile
La sintesi di questi tre principi è la filosofia dell’agile marketing, una metodologia da cui ha avuto origine il growth hacking.
È un approccio che si ispira allo sviluppo di software e che valorizza la risposta al cambiamento invece che il perseguimento di un rigido piano: test e dati su opinioni e convenzioni, tanti piccoli esperimenti invece di grandi scommesse. La mentalità agile migliora la produttività, l’efficacia, la trasparenza e l’adattabilità al cambiamento delle applicazioni del marketing. Se eseguita correttamente, questa pratica porta a un processo di lavoro che offre una crescita e un’innovazione più rapide attraverso la ricerca e la sperimentazione. I nuovi prodotti arrivano ai clienti giusti più velocemente, le nuove idee di business trovano la conferma prima di fare ingenti investimenti, le aziende possono mantenere una relazione in tempo reale coi loro clienti oltre che sviluppare un mercato più ampio.
Il processo alla base del growth hacking
La crescita grazie al growth hacking è frutto di un’organizzazione aziendale che continua a testare il processo di sviluppo del prodotto e di marketing. Partendo dall’inizio, serve innanzitutto sviluppare un prodotto di valore, desiderato dalle persone e scalabile. Infatti, risulterebbe difficile applicare il growth hacking a delle semplici saponette. Per capire se il nostro prodotto rispetta queste caratteristiche serve portarlo fuori dall’azienda, ovvero bisogna raccogliere feedback nel più breve tempo possibile, raccogliere informazioni e sulla loro base correggere la direzione.
Esiste poi un ciclo di vita che ogni nuovo prodotto deve attraversare per affermarsi. Tale percorso viene chiamato legge della diffusione dell’innovazione e spiega come per raggiungere la maggior parte delle persone serve passare prima per gli “innovators” e gli “early adopters”. In sostanza, sono delle comunità o gruppi di persone (definite nella grande mappa degli stili di vita redatta da Eurisko) caratterizzate dalla sperimentazione precoce di un nuovo bene e da una propensione ad essere sempre aggiornati sulle ultime novità del mercato. Per queste caratteristiche vengono anche definiti come opinion leader perché in grado di influenzare i trend. In ambito growth hacking ciò si rifà alla legge di Pareto 80/20 secondo cui l’80% dei risultati scaturisce dal 20% delle azioni. In questo caso, un piccolo pubblico iniziale influenzerà un gran numero di persone.
Comprendere quale sia la giusta audience e come coinvolgerla non è però semplice. Fortunatamente esiste un framework chiamato AARRR (per assonanza definito anche framework dei pirati) che ci aiuta a comprendere gli utenti di riferimento e come ottimizzare il processo grazie a dei passaggi chiave da tenere sotto controllo. Analizziamo le singole fasi del processo:
- Acquisition: il momento in cui le persone entrano in contatto col prodotto. Attraverso una strategia di content marketing e strumenti come e-mail marketing, SEO, blog o social viene richiamata l’attenzione degli utenti.
- Activation: non basta fare attività di lead generation (generazione di contatti), serve attivare gli utenti e instaurare una relazione con essi per innescare un’azione concreta.
- Retention: è la fase in cui i clienti diventano abituali ed è fondamentale perché le startup potranno mostrare i dati di popolarità, coinvolgimento e fidelizzazione con il prodotto ad eventuali investitori.
- Referral: se raggiungiamo questa fase con gli early adopters, significa che il nostro prodotto è stato validato e piace a tal punto da consigliarlo ad altre persone. Una volta messo in moto il passaparola osserveremo una crescita esponenziale dell’azienda. Possiamo incentivare questo processo attraverso promozioni o programmi di affiliazione.
- Revenue: l’obiettivo ultimo di ogni attività resta comunque la generazione di profitto per far sì che il business sia sostenibile e si possa continuare nella crescita.
Come il growth hacking aiuta un’azienda
Esistono diverse opportunità che un’azienda può esplorare grazie al growth hacking. Ad esempio, per la sua natura multidisciplinare, l’azienda dovrà instituire un team di lavoro che colleghi i diversi dipartimenti. Questo può favorire la cooperazione tra ambiti diversi, migliorare la comunicazione e generare nuove prospettive. Invece di progettare un prodotto o un servizio da un solo punto di vista, il growth hacking promuove una visione olistica che si concentra sull’utente e ne migliora l’esperienza attraverso un’offerta più completa. Inoltre, poiché il processo di growth hacking è focalizzato sulla sperimentazione rapida, risulta meno dispendioso in termini di risorse e quindi è in grado di ridurre i costi di sviluppo. Infine, con la crescente quantità e disponibilità di dati, le possibilità aumentano. In particolare, le aziende possono sfruttare questo metodo per migliorare il marketing personalizzato, per decidere politiche di prezzo su misura e per migliorare il servizio offerto ai clienti facendo uso delle informazioni raccolte.
Prima di prendere solo il lato positivo del growth hacking, è necessario comprendere che con la sua attuazione si va incontro a delle sfide inevitabili. Innanzitutto, è vero che tale metodo si basa in gran parte sui dati, ma il problema sorge dalla quantità di fonti. Con un’enorme quantità di informazioni generate, il rischio è quello di perdere qualità e inciampare in errori di analisi. Serve organizzare l’azienda in modo da prevenire inconvenienti attraverso un controllo di qualità sui dati.
Un’altra sfida è rappresentata dalla disponibilità del personale. Un team di growth hacking ideale è rappresentato da esperti provenienti da diverse discipline per stimolare la creatività e avere più punti di vista. Comporre una squadra di lavoro con queste caratteristiche può risultare dispendioso soprattutto per gli investimenti dovuti alla formazione del personale o all’assunzione di nuove figure.
Un ultimo rischio è rappresentato dalla dinamicità delle tendenze di mercato. Al fine di prevenirne i cambiamenti che potrebbero vanificare gli sforzi, è necessario aggiornare continuamente il team di growth hacking sulle preferenze dei clienti e sui trend emergenti. Questo sottolinea ancora una volta come sia fondamentale la collaborazione tra i dipartimenti aziendali, la costante formazione e l’integrazione con un’efficace analisi dei dati.