Il marketing funnel: cos’è e come applicarlo nel contesto digitale

Il marketing funnel: cos’è e come applicarlo nel contesto digitale

Alberto Maestri Pubblicato il 1/12/2022

Marketing Funnel: cos’è e come funziona

Ogni azienda ha bisogno di attrarre, convertire e fidelizzare nuovi clienti per proseguire nel suo percorso di crescita o almeno per poter continuare a funzionare correttamente. Un percorso che non sembra facile nella teoria e nemmeno nella pratica; infatti, capire i bisogni delle persone e portarle fino all’acquisto non è mai stato così complesso come oggi. Fino al recente passato si è cercato di visualizzare il percorso del cliente dal primo contatto fino alla vendita attraverso i famosi marketing funnel (imbuto), ma oggi possono essere ancora applicati? E soprattutto cosa sono e come applicarli?

Il significato del termine funnel nel marketing

Cos’è il marketing funnel? È una rappresentazione grafica del processo di trasformazione dei “lead” in clienti. Perché proprio un imbuto e non un’altra forma? L’obiettivo dei marketer è quello di trasformare i prospect in acquirenti, spostandoli dall’alto verso il basso del funnel d’acquisto e la forma riflette che un gran numero di persone non completerà mai il viaggio. Inizialmente, infatti, un’azienda comunica con il target selezionato più ampio possibile, ma coloro che effettivamente arriveranno alla conversione saranno un gruppo ristretto rispetto a quello raggiunto dalla comunicazione.

In una visione utopica il processo dovrebbe avere la forma di un cilindro poiché tutti i brand vorrebbero trasformare in vendite ogni potenziale cliente. Invece, la realtà si presenta molto più complessa e il funnel può assumere diverse forme e costruirsi su molti più livelli a seconda del contesto. Come creare un funnel? Esistono numerosi modelli di marketing funnel per organizzare la propria strategia, ma il più celebre è sicuramente il framework AIDA. La sua concezione viene attribuita all’americano Elias St. Elmo Lewis che nel 1898 utilizzò lo slogan “Attract attention, maintain interest, create desire, get action”. Il modello AIDA identifica le fasi cognitive che un individuo attraversa durante il processo di acquisto di un prodotto o servizio.

Si divide in:

  • Awareness (attenzione): primo passaggio da fare è ottenere l’attenzione del cliente potenziale. Se non riusciamo ad attrarlo non riusciremo a veicolare il nostro messaggio. In che modo rendiamo gli acquirenti consapevoli dei nostri prodotti o servizi? Qual è la nostra strategia di sensibilizzazione? Qual è la nostra campagna di sensibilizzazione del marchio? Quali strumenti utilizziamo? Quali dovrebbero essere i messaggi?
  • Interest (interesse): catturata l’attenzione bisogna stimolare la curiosità della persona e il suo interesse. Come otterremo il loro interesse? Qual è la nostra strategia per i contenuti? Come rendiamo queste informazioni disponibili e dove?
  • Desire (desiderio): il desiderio è fondamentale nella fase di vendita. Se il cliente non desidera non compra. Quindi cosa rende desiderabile il nostro prodotto o servizio? Come creiamo una connessione emotiva col cliente?
  • Action (azione): ora che il cliente ci ha notato, è interessato e desidera il nostro prodotto, bisogna facilitare la sua azione all’acquisto. È facile per i consumatori completare l’azione?

Anche se ben strutturato questo modello non cattura in modo ottimale la complessità del marketing moderno. Ad esempio, non tiene conto della fase di post acquisto in cui l’azienda si gioca la fedeltà verso il brand.

Una nuova prospettiva e nuovi modelli

La natura complessa della quarta rivoluzione (Luciano Floridi) che stiamo vivendo ha già portato enormi cambiamenti nei bisogni delle persone. La piramide COSMA, evoluzione della classica piramide dei bisogni di Maslow, ci mostra come le nuove necessità delle persone siano la connessione, l’orientamento, la socialità, la medialità e l’autocelebrazione. Un contesto che ha portato molti studiosi a formulare variazioni al funnel di marketing classico e statico verso modelli più flessibili. Due sono i framework più dinamici che riescono a disegnare un quadro più appropriato: il modello See Think Do Care di Kaushik e le cinque A di Kotler.

Il bisogno di connessione è una caratteristica tipica della quarta rivoluzione

Il modello See Think Do Care

Il modello See Think Do Care (STDC) si basa su tre concetti fondamentali: la centralità del cliente che deve essere concretamente messa in atto, non solo a parole; il ruolo del marketing deve fare da pilastro per i vari passaggi; e bisogna dare importanza alla misurazione impostando le giuste metriche.

Il modello si suddivide in quattro passaggi.

1.See

La prima fase, See, ha come obiettivo ispirare le persone e per farlo serve creare contenuti che non abbiano nulla a che fare con la vendita. Si lavora sui sogni dei consumatori che non sono ancora pronti per ricevere messaggi promozionali. Inoltre, si cercherà di arrivare all’audience qualificata più ampia possibile per sfruttare al massimo le potenzialità dell’inbound marketing (il marketing dell’attrazione attraverso contenuti ed esperienze di valore).

2.Think

Successivamente, si arriva alla fase Think in cui le persone necessitano di trovare informazioni, ma le intenzioni di acquisto sono ancora molto deboli. È proprio in questo passaggio che si può fare la differenza rispetto ai concorrenti grazie a contenuti utili e di valore.

3.Do

Si passa poi al Do, lo step in cui far convertire. Le persone sono ormai ispirate, informate e hanno interesse verso un prodotto o servizio. Bisogna però far attenzione a non spingere il cliente verso l’acquisto, ma accompagnarlo nella soddisfazione dei suoi bisogni.

4.Care

Infine, nella fase di Care l’obiettivo è prendersi cura dei clienti che hanno effettuato la conversione. È la parte più importante del framework poiché amplia la base di clienti fidelizzati, più propensi a riacquistare in quanto hanno già superato i primi tre step. Fondamentali diventano i contenuti personalizzati, riservati ed esclusivi, ad esempio disponibili solo in aree premium.

Anche dopo la conversione continua il percorso d’acquisto del cliente

Il modello delle 5A

Il modello delle 5A ideato da Kotler tiene conto dei cambiamenti determinati dalla connettività:

  • molte decisioni apparentemente personali sono in realtà decisioni sociali;
  • la fedeltà si identifica con la disponibilità del cliente a consigliare un prodotto;
  • per conoscere un brand, le persone si connettono attivamente tra loro, costruendo relazioni ask-and-advocate (ricerca e passaparola).

Con la consapevolezza di questi requisiti derivati dal contesto, il viaggio del cliente va riscritto attraverso le cinque A: aware, appeal, ask, act e advocate.

1.Fase di Aware

Nella fase di aware, è fondamentale la brand awareness poiché i clienti sono passivamente esposti ad un’ampia gamma di stimoli attraverso le esperienze passate, le comunicazioni e i suggerimenti di altre persone.

2.Fase di Appeal

Una volta consapevoli di ciò che li circonda, si sentono però attratti da un numero limitato di marche. È la fase di appeal, in cui le aziende più memorabili e in grado di costruire uno storytelling coinvolgente riescono a guadagnare posizioni favorevoli nella mente delle persone.

3.Fase di Ask

Spinti dalla curiosità, si attivano per raccogliere maggiori informazioni in autonomia attraverso Internet o chiedendo suggerimenti agli amici. Ci troviamo nella fase di ask, particolarmente complicata a causa dell’integrazione tra online e offline. Ad esempio, mentre i clienti si trovano in un negozio, possono contemporaneamente cercare informazioni sul proprio smartphone. È inoltre in questa fase che il processo d’acquisto diventa sociale poiché serve un’approvazione da parte degli altri per poter proseguire nel funnel.

4.Fase di Act

Se superano questo step, arriverà il momento di agire (act). Bisogna ricordare che le azioni possibili non si limitano alla singola transazione, ma si estendono anche al post-vendita. Serve assicurarsi che l’esperienza complessiva, dall’acquisto all’utilizzo, fino alla risoluzione di eventuali problemi, sia positiva e memorabile.

5.Fase di Advocate

Se un bene soddisferà al meglio i bisogni dei clienti, essi potranno maturare un senso di lealtà e raccomandare spontaneamente il prodotto ad altri. È la fase di advocate in cui i clienti vanno incoraggiati al passaparola.

Oggi stiamo assistendo al passaggio dal marketing funnel al customer journey

Dal Funnel al Customer Journey passando per l’engagement

Se il marketing funnel classico non riflette più accuratamente la realtà, perché i marketer lo usano ancora? Perché è un modello rassicurante, lineare e misurabile, anche se non riflette più accuratamente il vero processo di acquisto. Ciò che accomuna i due nuovi modelli rispetto all’AIDA e li eleva da un concetto verticale di funnel, ad una visione circolare e dinamica, è la cura del cliente, la relazione che si instaura con lui. Il processo d’acquisto è frammentato in tanti micro-momenti, ci sono vari modi di poter arrivare alla conversione dall’online all’offline, il passaparola è ampliato dai nuovi mezzi di comunicazione e il cliente può entrare nel percorso anche saltando alcuni step. È il passaggio dal marketing funnel al customer journey che rappresenta un viaggio del cliente articolato con diversi e irregolari punti di contatto tra il brand e le persone chiamati touchpoint.

Ma come creare una customer journey map? Serve trovare quei punti in cui gli obiettivi dei prospect e dell’azienda coincidono per poter identificare i touchpoint e tracciarli per creare un modello più veritiero rispetto al funnel tradizionale.

Il filo conduttore di ogni nuovo modello o touchpoint che andremo a sperimentare sarà l’engagement. L’azienda deve entrare in relazione col cliente per poterlo coinvolgere e farlo sentire protagonista. Si può raggiungere questo obiettivo solo attraverso il dialogo one-to-one, l’interazione per raggiungere un livello più profondo di engagement, l’intimità per far sentire il cliente unico e infine fargli vivere un’esperienza di pre e post acquisto indimenticabile per consolidare il posizionamento.