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Roberto Raviola, in arte Magnus, nasce il 31 maggio del 1939 ed è considerato “il più grande”: un fumettista in grado di coniugare l’ossessione per la precisione a una enorme produzione di alta qualità. Ha praticamente inventato uno stile ed è riuscito ad innovare il fumetto popolare italiano senza modificare le sue regole tradizionali.
Le sue grandi campiture nere, le forme sinuose delle donne che disegna, l’attenzione maniacale dei particolari hanno creato un vero e proprio mito, che però in vita non è riuscito davvero a godere materialmente delle sue opere.
La sua estrema dedizione lo ha però consacrato come un vero e proprio maestro del fumetto, a cui si sono ispirati nei decenni successivi tantissimi disegnatori, soprattutto del fumetto popolare italiano. Nei suoi anni di maggiore produzione riesce anche a consegnare l’incredibile numero di 600 tavole al mese, ma nella sua vita ha creato anche opere più intime e personali.
L’infanzia, gli studi e le influenze
L’autore vive la sua infanzia durante la guerra, giocando tra le rovine dei palazzi di una Bologna bombardata. Cresce disegnando, anche a scuola. Si iscrive al Liceo Artistico, dimostra già una forte predilezione per il disegno e viene influenzato dalle pubblicazioni dell’epoca: Mandrake il mago, Flash Gordon e la rivista Il Vittorioso, che copia forsennatamente per migliorare tecnicamente.
Firma i suoi primi fumetti come Bob la Volpe, nome preso da una storia di Carl Barks, Paperino e l’oro gelato. Non esce dal liceo con una buona pagella e decide di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, precisamente al corso di Scenografia e decorazione.
Studia con Antonio Natalini, il titolare della cattedra di Scenografia filologica, sempre attentissimo al dettaglio. Da qui Magnus sicuramente prende la cura, se non l’ossessione, per i dettagli nei suoi fumetti, che prima di essere disegnati nella loro forma definitiva passano da infiniti studi, bozzetti e prove dell’autore per trovare l’inquadratura o l’espressione giusta.
Si laurea all’Accademia nel 1961 e prosegue col corso di Decorazione. Lavora successivamente come insegnante, scenografo e costumista per vari spettacoli teatrali. Per il gruppo goliardico la Balla dell’Oca lavora a degli affreschi nell’osteria Buca delle Campane, firmandosi “Magnus Pictor fecit”. Successivamente utilizza lo pseudonimo di Magnus per firmare i suoi lavori.
Lavora poi come grafico pubblicitario e cura le illustrazioni di libri per bambini, ma non si sente soddisfatto. Decide quindi di contattare le case editrici di Milano, tra cui c’è la nota Editoriale Corno, fondata appunto da Andrea Corno e Luciano Secchi, in arte Max Bunker.
Dal fumetto nero ad Alan Ford
Alla Editoriale Corno avviene quindi l’incontro tra Magnus e Max Bunker, che gli propone di lavorare a un nuovo fumetto di nome Kriminal. Sono gli anni del cosiddetto “fumetto nero” italiano, i floridi anni ’60 in cui le sorelle Giussani hanno avuto l’incredibile intuizione di un personaggio come Diabolik: il suo grande successo porta un’inondazione di “anti-eroi con la K” nelle edicole italiane come Sadik e Demoniak. Ma Kriminal è diverso.
Viene pubblicato per la prima volta nel 1964: vede il protagonista Anthony Logan, un bandito che indossa una calzamaglia gialla che raffigura uno scheletro. Le storie di questo fumetto sono piuttosto violente e con trame decisamente innovative per l’epoca, mentre lo stile di Magnus, seppur ancora grezzo, si evolve numero dopo numero: gli sfondi e le figure si fanno sempre più dettagliati e il segno è realistico e grottesco allo stesso tempo. La pagina è simile a quella di Diabolik, con una tavola composta da 2 o tre vignette molto grandi, caratterizzate dalle inconfondibili chine di Magnus, cioè ampie campiture nere e ombre nette che accrescono la drammaticità delle scene.
Insieme a Kriminal, Max Bunker lavora anche a Satanik, una versione femminile dell’anti-eroe. È una femme fatale che distrugge tutte le convenzioni sulla donna dell’epoca, infatti è sessualmente libera e padrona del suo destino. Magnus lavora a 102 numeri di Kriminal e 62 di Satanik tra il 1964 e il 1971, producendo in 7 anni ben 27.000 tavole.
I temi affrontati in questi due fumetti fanno però scandalo e a causa di alcuni sequestri della magistratura, la serie subisce tagli e storie più edulcorate. Magnus a questo punto è pronto per lavorare a qualcosa di diverso.
Tra il 1968 e il 1970 Roberto Raviola disegna Maxmagnus, una serie completamente diversa sia nello stile di disegno che riguardo il genere: con un taglio tra il comico e il grottesco, viene pubblicato sulla rivista Eureka sempre dell’Editoriale Corno, con i testi di Max Bunker. Una saga ambientata in un medioevo fantastico, incentrata sui personaggi del re malvagio Maxmagnus e il suo avido amministratore, che richiamano proprio le fattezze dei due autori.
Questa serie porta a un’altra pubblicazione totalmente diversa, che ha fatto la storia del fumetto italiano: è Alan Ford, sempre suoi testi di Max Bunker, che esce con il suo primo numero nel 1969. Ispirato ai film di spionaggio e allo 007 di Casino Royale, racconta appunto di Alan Ford, un grafico pubblicitario che viene scambiato per un agente segreto da un’agenzia governativa, il Gruppo T.N.T. Questo fumetto è nato come una vera e propria satira socio-politica e riscuote dopo pochi anni un grande successo.
Pubblicato ancora oggi, almeno fino al 2024 con il numero 660, vede alle matite e alle chine Magnus, che lavora su Alan Ford fino al numero 75, con ritmi forsennati, ma mantenendo sempre alta la qualità. L’autore influenza attivamente le sceneggiature e le gag della serie. Anche se i testi sono principalmente opera di Bunker, Magnus contribuisce significativamente con idee durante le fasi di sviluppo. Il suo segno migliora ancora di più, anche se è costretto sempre in una pagina di due grandi vignette.
Nel 1973 però si interrompe il sodalizio: Magnus lascia Alan Ford e decide di seguire un percorso artistico meno vincolato dalla serialità commerciale, per evitare la monotonia e ripetitività.
Il fumetto erotico e Lo Sconosciuto
Nel 1974 Magnus inizia la collaborazione con la casa editrice Edifumetto, specializzata nel carpire i trend del fumetto popolare e proporre di conseguenza testate di sicuro successo tra il pubblico. I generi più premiati all’epoca erano l’horror e l’erotico, a cui Magnus non si sottrae, disegnando albi come Mezzanotte di morte e Quella sera al collegio femminile.
Proprio in questo periodo decide di creare probabilmente la sua opera più conosciuta: nel 1975 esce il primo dei sei numeri de Lo Sconosciuto.
L’idea nasce durante un viaggio di Magnus a Tangeri, dove incontra un avventuriero europeo da cui trae ispirazione per il protagonista del fumetto, ma anche dalle influenze cinematografiche dell’epoca. Le prime storie vengono curate da Renato Barbieri di Edifumetto e il cantautore Francesco Guccini, con cui scrive l’episodio Poche ore all’alba.
La storia de Lo Sconosciuto vede come protagonista un ex mercenario, il cui nome è “Unknow” (che ricorda appunto il termine inglese Unknown, cioè sconosciuto). Si sa poco del suo passato, a parte alcuni crimini efferati che ha commesso: ha fatto parte della legione straniera e viene ingaggiato per diversi lavori che lo portano in Libano, Haiti, Roma e Marocco.
Lo stile di Magnus in questa serie si fa spiccatamente realistico e presenta una narrazione decisamente più adulta e sofisticata rispetto ai tempi di Alan Ford. Si tratta di un periodo fondamentale per la produzione di Magnus, che firma le pagine addirittura non più con questo nome d’arte, ma con l’esagramma I Ching, che significa “il viandante”.
Unknow corrisponde a un personaggio decisamente più cupo, un lupo solitario segnato dal passato e agisce all’interno di una tavola finalmente liberata dalle restrizioni del fumetto popolare. Qui Magnus esprime tutto il suo talento come disegnatore, con una cura dei dettagli maniacale e sceneggiature complesse. Nella storia Una partita impegnativa, ad esempio, descrive il traffico di droga quasi come un giornalista.
Il picco lo raggiunge nella storia La Fata dell’Improvviso Risveglio, pubblicata sulla rivista Orient Express nel 1983, dove mostra l’operazione chirurgica che salva la vita a Unknow, con dettagli minuziosi e iper-descrittivi, a tratti estremamente cruenti, di ciò che accade.
Se nello stesso periodo autori come Manara ne Il gioco tendevano ad abbandonare la complessità, grazie a una linea chiara molto elegante, Magnus adotta uno stile narrativo più complesso, meno comprensibile ai più, ma decisamente più profondo. I movimenti e le espressioni dei personaggi, l’inchiostrazione inconfondibile dell’autore, le atmosfere e le emozioni palpabili, rendono Lo Sconosciuto un’opera che descrive la parte oscura dell’animo umano e che ha dato nuova linfa al fumetto italiano.
Dopo diverse storie per Edifumetto, nel 1981 esce Necron, con i disegni di Magnus e i testi di Mirka Martini (che si firma come Ilaria Volpe). Un fumetto per adulti che va oltre l’erotico. Racconta la storia di Necron, un umanoide assemblato con frammenti di cadaveri, amante della scienziata pazza, Frieda Boher.
Le premesse permettono già di capire il tono di quest’opera, che dura solo 14 numeri: qui Magnus presenta un segno ancora più pulito, chiamato “linea elettronecroplastica”, cioè una versione grottesca della linea chiara franco-belga, che parte dall’eleganza del tratto e aggiunge varie deformazioni grottesche.
Negli anni successivi Magnus ritorna al racconto giullaresco con La Compagnia della Forca, alla cultura orientale e alla fantascienza con Milady 3000, I Briganti e Le 110 pillole, un fumetto fortemente erotico che mostra ormai una linea chiara praticamente perfetta.
La summa della maniacalità dell’autore, che lo porta a dettagliare ogni vignetta, arriva alla sua vetta con Le femmine incantate, opera di una bellezza unica, dove ogni vignetta e tratteggio erano il risultato di continui studi e modifiche.
Il “Texone” di Magnus
Tra le opere più conosciute di Magnus c’è sicuramente il suo “Texone”, come viene di solito definito: dopo una spasmodica ricerca del segno e opere sempre più personali, l’autore dedica ben sette anni della sua vita al personaggio popolare a fumetti più importante e iconico d’Italia. È il 1988, un periodo di grandi cambiamenti per l’autore, che divorzia dalla moglie e va via da Bologna, rifugiandosi in montagna.
Sergio Bonelli propone a Magnus di entrare a far parte di una nuova operazione che coinvolge Tex, questa volta con pubblicazioni dal grande formato di stampa (a differenza del classico “bonellide”), che coinvolgevano anche disegnatori internazionali.
Con i testi di Claudio Nizzi, Magnus lavora quindi a La valle del terrore, che viene annoverato come uno dei suoi capolavori indiscussi. Il Texone di Magnus è qualcosa di completamente diverso rispetto a tutti gli altri fumetti pubblicati da Bonelli. Magnus entra a capofitto nell’opera, scegliendo di ispirarsi ai tratteggi del creatore e disegnatore storico di Tex, cioè Galeppini.
Abbandona quindi i neri pieni che hanno caratterizzato tantissimo il suo lavoro, dal periodo del fumetto nero a Lo Sconosciuto, creando tavole e vignette fatte di tratteggi intricatissimi, figure umane plastiche ed evocative, insieme a uno studio storico e dei dettagli che supera il maniacale. Bonelli è da sempre un editore di fumetto popolare che sforna ogni mese fumetti da edicola. Magnus però non riesce assolutamente ad essere addomesticato in questo sistema, ma entra in un vero e proprio travaglio creativo. Ogni oggetto dell’epoca, ogni foglia, ogni sasso, cavallo o sfondo viene studiato e tratteggiato dall’autore con la minuzia dell’artigiano, in netta contrapposizione con la catena di montaggio rappresentata dal fumetto popolare italiano.
Magnus purtroppo non vede la pubblicazione della sua opera: si spegne infatti nel 1996 a 57 anni, a causa di un tumore. Non finisce la sua vita in ricchezza, ma lascia un capolavoro che ha richiesto gli ultimi anni della sua vita per essere completato.
L’eredità di Magnus
L’eredità di Magnus per il mondo del fumetto è incommensurabile. Autore unico nel suo genere, è riuscito a mescolare il realismo grafico al grottesco, l’erotismo all’attenzione maniacale dei dettagli. Ha davvero rivoluzionato il fumetto, fondendo elementi di arte, letteratura e cinema in modi innovativi. Anche dopo la sua morte, il lavoro di Magnus continua a essere studiato e ammirato per il suo stile distintivo e la profondità tematica, influenzando nuove generazioni di fumettisti che vedono in lui un modello di come l’arte del fumetto possa esplorare complesse questioni umane e sociali con sensibilità e intelligenza.
Le sue storie, spesso intrecciate con tematiche adulte e sfide esistenziali, hanno contribuito a elevare il fumetto a una forma d’arte riconosciuta e rispettata, dimostrando che può essere tanto provocatoria e significativa quanto qualsiasi altra espressione creativa.