Riepilogo Contenuti
Non è facile cominciare un articolo su Paul Rand. Da dove si parte? Si potrebbe partire con qualcosa che quasi tutti conoscono, il marchio di un’azienda molto nota come IBM. Parlare quindi di questa lunghissima collaborazione, iniziata nel 1956. Rand in quell’anno realizza un primo marchio, per poi giungere, dopo varie modifiche, alla versione 8 bar del 1972. Versione ancora in uso oggi, al netto di piccole variazioni. Durante la collaborazione con IBM Rand realizza il manuale del marchio[1] e poi nel 1981 un manifesto diventato in pratica un altro marchio di IBM, l’Eye-Bee-M poster.
Pensieri sul Design
Nel 1956 Paul Rand ha 42 anni e da un paio di anni ha iniziato una nuova carriera nella progettazione d’identità aziendali, abbandonando il mondo dell’advertising. (Ne parliamo poi sotto.) Una decina di anni prima, nel 1947, a 33 anni, aveva già pubblicato Pensieri sul Design[2]. Un piccolo libro ricco di spunti e riflessioni sul graphic design, ancora oggi validissimi. Rand parla della sua idea di graphic design, del “problema del grafico”, della rappresentazione di un’immagine e dell’uso della tipografia, soprattutto nell’ambito dell’advertising. Michael Bierut, partner di Pentagram, nella prefazione della ristampa del 2014 ne scrive come del miglior libro sul graphic design: «un manifesto, una chiamata alle armi, una descrizione illuminante di cosa sia un buon design». Come scrive Paul Rand riguardo al buon design: «se è irrilevante è inutile».
Il graphic design – che soddisfa bisogni estetici, rispetta le leggi della forma e le esigenze dello spazio bidimensionale; che parla usando la semiotica, il sans-serif e la geometria; che astrae, trasforma, traduce, ruota, dilata, ripete, riflette, suddivide e raggruppa – non è un buon design se poi risulta inutile.[3]
Il lavoro nell’editoria: le collaborazioni con Esquire, Apparel Arts e Direction
I “pensieri sul design” arrivano dopo 10 anni di lavori grafici, tra riviste e pubblicità. Giovanissimo (a 22 anni), comincia a collaborare occasionalmente con la rivista “Esquire”, progettando materiale promozionale. Dopo poco gli viene affidato l’incarico di seguire “Apparel Arts”, un trimestrale allegato all’”Esquire”, per il quale realizza una serie di splendide copertine. Collabora con un’altra rivista, “Direction”, lavorando spesso gratis in cambio della piena libertà creativa. Prima di cominciare a lavorare, Rand frequenta la Parsons School of Design di New York (la sua città natale), senza completare mai gli studi. Si è sempre considerato un’autodidatta. Studiando per conto suo il modernismo europeo è stato uno dei primi grafici americani a seguirne e sperimentare metodi e approcci.
I suoi layout di riviste e pubblicità coniugano semplicità funzionale con complessità astratta. Privo di ornamenti, ogni dettaglio è progettato per attirare l’attenzione e trasmettere un messaggio. Eppure niente era stereotipato.[4]
Il lavoro nell’advertising
A 27 anni, negli anni ’40, Paul Rand è direttore creativo dell’agenzia William H. Weintraub & Co. Segna il mondo dell’advertising dei Mad Men introducendo la chiarezza e lo stile modernista.
Comunicazioni visive di qualsiasi tipo, che siano persuasive o informative, dai cartelloni pubblicitari all’annuncio di nascita, dovrebbero essere visti come l’incarnazione di forma e funzione: l’integrazione del bello e dell’utile.[5]
Bierut scrive che in quegli anni quando le agenzie pubblicitarie cercavano di assumere un grafico spesso specificavano “tipo Paul Rand”, senza aggiungere altro. Tutti sapevano cosa volesse dire. Presso l’agenzia William H. Weintraub & Co. lavorava anche un giovane copywriter di nome Bill Bernbach. Qualche anno più tardi avrebbe fondato la Doyle Dane Bernbach (DDB), dando vita alla cosiddetta rivoluzione creativa dell’advertising. Per entrambi fu un incontro proficuo. Rand paragona l’incontro con Bernbach alla scoperta dell’America da parte di Colombo, «è stato il mio primo incontro con un copywriter che capisce le idee visuali e che non arriva con un bloc-notes e idee preconcette su come dovrebbe essere un layout.»[6]
Prima di fondare DDB, Bernbach passa all’agenzia Grey continuando a collaborare con Rand alle campagne per Ohrbach.
La progettazioni di marchi aziendali
Rand lascia il mondo dell’advertising nel 1954 – l’anno in cui vince un prestigioso premio dell’Art Directors Club, per una campagna per la RCA (Radio Corporation of America) – per dedicarsi alle identità visive delle aziende.
Oltre il già citato lavoro per IBM, Rand realizza tantissimi marchi per grandi aziende e istituzioni americane, come il canale televisivo ABC, UPS, l’Università di Yale, American Express.
Nel 1984 Rand è nella lista dei 30 grafici più influenti di sempre, in un numero speciale della rivista Idea Magazine, assieme a nomi come Herbert Bayer, Josef Müller-Brockmann, Giovanni Pintori, Jan Tschichold, Eric Gill, Charles Eames, Max Bill, László Moholy-Nagy.
Il marchio di NeXT
A 72 anni Rand realizza un marchio sopravvissuto all’azienda per cui è stato progettato. Il marchio di NeXT, azienda fondata da Steve Jobs dopo essere stato cacciato da Apple, che poi proprio Apple acquisirà.
Nella biografia di Steve Jobs, scritta da Walter Isaacson, viene riportato l’episodio dell’incontro tra Jobs e Rand. Rand lavorava per IBM, Jobs voleva a tutti costi lavorare con lui e dopo molte insistenze riuscì a ottenere l’autorizzazione da parte di IBM. Il nuovo computer di NeXT sarebbe stato un cubo. La forma piacque così tanto a Rand che decise subito che il marchio sarebbe stato un cubo. Scrive Isaacson:
Quando Jobs gli domandò se si doveva aspettare diverse opzioni da valutare, Rand dichiarò che non creava diverse opzioni per i clienti: «Io ti risolvo il problema e tu mi paghi», gli disse. «Puoi usare quello che produco, o non usarlo, ma non ti darò soluzioni alternative e, in ogni caso, mi dovrai pagare.» Jobs ammirava quel tipo di atteggiamento. Vi si riconosceva. Così accettò la scommessa. L’azienda avrebbe pagato la stupefacente tariffa forfettaria di 100.000 dollari per avere un marchio. «Nel nostro rapporto c’era grande chiarezza» avrebbe commentato Jobs. «Aveva una sua purezza di artista, ma era anche abile nel risolvere questioni d’affari. Era apparentemente duro e aveva perfezionato una sua immagine di musone, ma dentro era un tenerone.» Purezza di artista: per Jobs quello era un complimento tra i più grandi.
Nel 1996, durante una lezione tenuta al MIT, su invito di John Maeda, Rand parla di graphic design e mostra alcuni dei suoi lavori. Quando parla di NeXT ricorda che Steve Jobs sfogliando la presentazione era sempre più sorridente, e a un certo punto gli chiese di abbracciarlo. Rand disse agli studenti: «sai di aver fatto un buon marchio quando il tuo cliente vuole abbracciarti»[7].
Fin dai suoi primi lavori Rand ha sempre dedicato molta attenzione alle presentazioni. Presentazioni accompagnate da pesanti raccoglitori di bozze, riferimenti e ricerche con le quali spiegava e illustrava il processo di progettazione. Sul sito dedicato a Paul Rand, ricchissimo di contenuti, è possibile vedere alcune di queste presentazioni, inclusa quella per il marchio NeXT. Su YouTube c’è anche un video che mostra l’arrivo Rand negli uffici di NeXT e l’unboxing della presentazione. Nell’introduzione Rand scrive:
Una presentazione è un accompagnamento musicale al progetto di design. Una presentazione senza un’idea di fondo non può nascondersi dietro foto glamour ed esuberanza. Se è piena di parole senza senso c’è il rischio che si venga ignorati; se è troppo rilassata c’è il rischio di finire tra le braccia di Morfeo.
Sessant’anni di storia del graphic design
Steven Heller, nella monografia dedicata a Paul Rand ne sottolinea l’impatto che ha avuto nel graphic design. Morto a 82 anni, nel 1996, ha attraversato 60 anni della storia del graphic design, lasciando sempre la sua impronta. «Alla fine degli anni ’30 trasforma l’arte commerciale da artigianato a professione. All’inizio degli anni ’40 aveva influenzato l’aspetto della pubblicità, dei libri e del design delle copertine delle riviste. Verso la fine degli anni ’40 definisce un vocabolario di graphic design basato sulla forma pura, dove una volta prevalevano solo lo stile e la tecnica. Verso la metà degli anni ’50 modifica il modo in cui le grandi aziende usavano l’identità grafica. E a metà degli anni ’60 progetta alcuni dei loghi aziendali più durevoli al mondo, tra cui IBM, UPS, ABC e Westinghouse.»[8]
László Moholy-Nagy, esponente e professore del Bauhaus, in un articolo per “PM Magazine” del 1941 descrive così Rand: «è un idealista e un realista, che usa il linguaggio del poeta e dell’uomo d’affari. Pensa in termini di necessità e funzione.»[9]
Rand considerava il graphic design un servizio, non un arte in sé, anche se la parte estetica e artistica aveva un ruolo determinante. La comunicazione doveva essere utile, funzionale, ma allo stesso tempo curata. I suoi riferimenti erano modernismo europeo e manifesti pubblicitari di artisti come Cassandre. Non amava la comunicazione fatta di stereotipi e cliché. Lo studio e l’analisi di un “problema” erano il suo punto di partenza, solo da qui può venire fuori l’idea che produce design.
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L’asta dei lavori di Rand del 2018
Nel 2018 la casa d’aste Wright ha messo in vendita buona parte dei progetti realizzati da Rand durante la sua carriera. Ad oggi è stato venduto il 99% dei prodotti in catalogo al più doppio del prezzo di partenza.
È possibile sfogliare l’intero catalogo sia sul sito di Wright che scaricando in formato PDF.
Catalogo Wright
[1] Manuale grafico ristampato nel 2018 dalla casa editrice Empire
[2] Nel 2016 la casa editrice Postemedia Books ne ha pubblicato un’edizione in italiano.
[3] Paul Rand, Pensieri sul Design, Postmedia Books, 2016
[4] Steven Heller, Paul Rand: Graphic Impact, Modern Magazine, 2015
[5] Ibid
[6] Allen Hurlburt, Paul Rand: The man considered by many to be one of the legends of graphic design, Communication Arts
[7] Ciro Esposito, John Maeda e Paul Rand, 2020
[8] Steven Heller, Paul Rand: Graphic Impact, Modern Magazine, 2015
[9] “Paul Rand” by Laszlo Maholy-Nagy, paulrand.design