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Amati, odiati, misconosciuti.
La rivoluzione digitale ha portato con sé un’ondata di novità tecniche e concettuali e una nuova generazione di comunicatori che tendono a ignorare i maestri della letteratura pubblictaria. A volte i grandi copy del passato vengono guardati apertamente con sufficienza, alla stregua di goffi e ingombranti dinosauri.
In altri casi capita di trovarli citati in questo o quel blog, venerati come antichissimi avi da rispettare, ma di cui nessuno comprende più il linguaggio. E se nella pagine di Bernbach, Ogilvy e Gossage si nascondessero lezioni preziose e decisamente pratiche, per il comunicatore di oggi? In questo articolo scopriremo che dopotutto, forse, conoscere i maestri dell’advertising più classico può rivelarsi piuttosto utile per fare la differenza, anche in un contesto digitale.
La scuola di Bernbanch: contesto e real time marketing
Può apparire paradossale. Ma guardando alle ingiallite pagine stampa di Bill Bernbach e dei copywriter che si formarono sotto la sua guida, possiamo crescere molto nella creazione di contenuti digitali, e in particolare nel real time marketing. Già a livello generale la lezione di Bernbach è piuttosto chiara e incredibilmente contemporanea (tanto che non tutti, ancora, sembrano averla compresa e digerita): la quotidianità non può non entrare nei discorsi di marca. È la quotidianità del vostro pubblico a rendere un contenuto vivo e credibile, perché crea un ponte di relazione tra il servizio o il prodotto e il vostro lettore. Ma entriamo più nello specifico.
Real time marketing: a lezione di pertinenza
Era il 1969 e il mondo aveva gli occhi puntati verso il primo allunaggio della storia. Partendo da quel contesto l’agenzia diretta da Bill Bernbach diede vita un perfetto esempio di instant-marketing declinato su tv e stampa, ma che oggi stesso sarebbe perfetto per l’universo digital: all’immagine del modulo LEM che sbarca sul suolo lunare viene giustapposto un titolo che recita, più o meno: “Sarà anche brutto, ma ti ha portato fin lì“. L’allusione, come si intuisce dal marchio Vokswagen, è ovviamente al maggiolino. La pertinenza tra evento (contesto) e messaggio da comunicare è totale, seppur sorprendente ironica; cosa che non sempre si riscontra nei tentativi più o meno riusciti di realizzare contenuti in real-time marketing odierni. A volte il legame tra prodotto ed evento è del tutto assente o così formale da non suscitare nessun interessa da parte del pubblico. Il contesto è fondamenale, ci dice Bernbach, e usarlo in modo pertinente al prodotto è il principio che dovrebbe guidare ogni contenuto contemporaneo.
Dire meno, per dire di più. Impariamo a farlo davvero con Ogilvy
In Berbach troviamo un controllo totale di ogni elemento e un’economia di segni formidabile. Nei migliori annunci di David Ogilvy, al contrario, c’è sempre qualcosa di sfuggente, evocativo. Le storie non si esauriscono completamente all’interno del messaggio, ma sembrano vivere oltre. È lo story appeal, che oggi sarebbe forse produttivo considerare uno dei principi fondanti dello storytelling.
Con Ogilvy scopriamo che nelle categorie di prodotto quali lusso, profumi, design, moda, conviene resistere alla tentazione di spiegare, descrivere, dimostrare; al contrario è preferibile sussurrare, suggerire, alludere. Vediamo, nella pratica, quali insegnamenti importanti possiamo trarre dai concetti cari a David Ogilvy, oggi.
Contenuti ad alto tasso di evocazione
Un singolo dettaglio può essere tutto ciò che ti occorre mostrare per evocare il fascino di un’auto di lusso. Ogilvy partì dal ticchettio dell’orologio – unico rumore che si sentiva a sessanta miglia orarie a bordo di una Rolls Royce – per riverberare tutto il mito del brand. “Brad is single.” recita un recente annuncio distribuito sia su stampa quotidiana, sia sulle piattaforme digitali: un riuscito esempio di instant marketing contemporaneo, firmato Norwegian Airlines. Alle radici di questo progetto è facile leggere in filigrana la lezione di David Ogilvy: azienda e creativi hanno resistito alla tentazione di dire troppo, di spiegare, di esplicitare il messaggio. È proprio la laconicità di questo testo bianco su fondo rosso che rende deflagrante il non detto.
Rubriche social a lungo termine
Naturalmente quanto abbiamo appena visto può essere applicato anche e soprattutto quando progettiamo rubriche di lungo respiro: linee editoriali ampie, da distruibuire su piani editoriali di qualche mese. La lezione di Ogilvy ci suggerisce sempre di seminare indizi con misura, evitando di svelare troppo, in modo che il pubblico possa appassionarsi, incuriosirsi e lasciarsi coinvolgere, come in un libro giallo ben architettato. Ricordate la serie infinita di annunci per le camice Hathaway, che ci svelavano tutto dell’uomo con la benda nera, rimandando sempre all’uscita successiva la spiegazione delle ragioni di quella benda? Perché non provate a mettere a frutto questa lezione anche per il vostro servizio?
Article marketing e long-writing: prima affascina, poi argomenta
E se l’eredità di David Ogilvy fosse spendibilissima anche per realizzare articoli di long-writing destinati al mondo digitale? A ben vedere molti degli annunci più caratterizzanti dello stile Ogilvy si fondano su di un delicato equilibrio: la seducente coppia visual-titolo intercetta il lettore, mentre lunghe e argomentate bodycopy marcatamente tecniche offrono tutte le ragioni per sostanziare la promessa fatta. Infine arriva una call to action chiara e precisa, per lasciare al lettore un compito dopo la lettura.
Allo stesso modo il web writer o il copywriter che deve scrivere un lungo articolo per un blog potrebbe trovare efficace resistere alla tentazione di ricorrere a modelli consolidati di headline oramai facilmente riconoscibili dai lettori e tentare di lavorare in modo più approfondito sulla coppia titolo-immagine in header, per generare una promessa di forte valore emozionale. Nella pratica: suggerisco un desiderio di conoscenza nel lettore stuzzicando la sfera emotiva, dopodiché lo sostanzio attraverso dati e sillogismi a sostegno. E infine lo chiamo a compiere un’azione che, se il mio messaggio è progettato bene, il lettore troverà chiara e coerente. E ora, perché non prosegui al prossimo e ultimo paragrafo? 😉
Prima l’idea, poi i mezzi. È Gossage a dimostrarlo
Nell’epoca della “Digital revolution” è avvenuta una vera smaterializzazione delle idee. Se nell’era precedente i creativi di ogni agenzia lavoravano principalmente sviluppando idee creative già incarnate nei mezzi attraverso cui sarebbero state pianificate – «Facciamo uno spot tv», «Facciamo una campagna su stampa periodica» – ora si sviluppano idee media-neutral, ovvero azioni da compiere oltre e sopra i media, e che solo in un secondo momento verranno poi declinate attraverso tv, piattaforme sociali e quanto necessario per incontrare un pubblico e generare converazioni.
Più di tutti fu Gossage a insegnarci ad andare “out of the box”, cioè a ragionare su idee che uscissero dalla dimensione del media, e che in alcuni casi potessero persino giocare con esso. È proprio questa lezione che possiamo rubare a Gossage: scrivere e progettare comunicazione pensando prima alle persone e solo in un secondo tempo agli adattamenti necessari per adeguare i messaggi ai canali. Certo, il nostro lavoro deve piacere a Google e a Facebook, ma che succede se quando arriva a destinazione il pubblico lo trova noioso, non emozionante, non coinvolgente, non utile?
Uscire dal modello, per incontrare davvero il favore del pubblico
Nel contesto digitale dobbiamo imparare a incontrare davvero il pubblico. Per riuscirci, eseguire il compito alla lettera, rispettando tutti i crismi tecnici delle piattaforme e dei media in cui ci stiamo muovendo, spesso non è sufficiente. Recuperare la libertà di pensiero e un po’ della disobbedienza di Gossage aiuta senz’altro a fare un lavoro più vicino alle persone. La case history Burger King che sfidava gli utenti di Facebook a cancellare gli amici per guadagnarsi un whopper è un esempio perfetto di quella voglia irriverente di sfidare le regole del medium che caratterizza lo spirito del comunicare di Gossage e che, se appresa, può diventare un’arma formidabile. È con questa pietra miliare della comunicazione digitale, che possiamo chiudere il nostro percorso di oggi. Ma non senza una call to action, naturalmente: l’invito, in questo caso, è di scandagliare questo stesso blog, la rete e le librerie per approfondire le lezioni dei grandi maestri.