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Come si progetta una comunicazione aziendale inclusiva
Quello dell’inclusività è un tema di marketing e comunicazione sempre più caldo, che qualsiasi azienda deve affrontare al meglio per non incorrere a disattenzioni che potrebbero avere conseguenze anche spiacevoli.
A proposito, all’interno del blog abbiamo già parlato di come sia fondamentale progettare dei packaging facilmente accessibili per ogni persona. In questo articolo ci concentreremo invece sull’utilizzo corretto delle parole.
Il linguaggio riflette infatti la società in cui viviamo, perché descrive il nostro presente e si collega direttamente al futuro.
Poiché viviamo in una realtà (e quindi operiamo all’interno di un mercato) estremamente eterogenea, ricca di sfumature e complessa, possiamo appunto descrivere con precisione la direzione presa dal linguaggio con una sola parola: inclusione.
I consumatori di tutto il mondo chiedono giustamente ai brand di tenere il passo con i continui cambiamenti culturali verso una maggiore diversità, equità e inclusione. Pertanto, i marketer devono seguire questa evoluzione e progettare una comunicazione aziendale che rifletta le esperienze vissute dai clienti.
Perché il marketing inclusivo è fondamentale per il tuo business
Risposta breve: quando il marketing è inclusivo, il brand si connette con la maggior parte della popolazione possibile e aiuta i clienti esistenti a sviluppare un legame più forte.
Non a caso, in una ricerca svolta da Google nel 2019 si è scoperto come il 69% delle persone afroamericane sia più propenso ad acquistare da una marca che riflette positivamente la propria etnia nella comunicazione. Nella stessa ricerca è emerso come lo stesso valga per l’orientamento sessuale: in effetti, il 71% dei consumatori LGBTQ+ è risultato più propenso a interagire con una pubblicità quando questa rappresentava autenticamente il proprio orientamento sessuale.
Risulta chiaro che per creare una comunicazione aziendale inclusiva non basta pubblicare un post all’anno sulla Giornata Internazionale della Donna o sul Black History Month. Questo si chiama greenwashing, pinkwashing, wokewashing, a seconda del tema coperto…
Al contrario ogni articolo del blog, ogni storia sui social media, ogni newsletter, ogni landing page sul sito web deve perseguire un linguaggio inclusivo. Guardando al solo pubblico statunitense:
Bisogna quindi tenere conto di provenienza, etnia, nazionalità, cultura, genere, orientamento sessuale e molto altro per progettare una comunicazione che abbia al centro uguaglianza, autenticità e inclusività.
Cosa significa veramente creare contenuti inclusivi?
Il linguaggio inclusivo è un tipo di comunicazione che utilizza una terminologia neutra per riferirsi a tutte le persone, indipendentemente dal loro vissuto.
Progettare contenuti inclusivi significa pensare con cura al significato e alla forma per ampliare il più possibile la risonanza e il coinvolgimento del messaggio.
Non sapendo chi fruirà effettivamente del nostro contenuto, infatti, dobbiamo prestare la massima attenzione alle parole. Chi ha il compito di progettare la comunicazione aziendale deve essere consapevole di come rivolgersi all’audience di riferimento, perché un potenziale cliente offeso o ignorato può causare danni sia nell’immediato sia nel futuro del business.
È quindi fondamentale per i comunicatori riconoscere che una frase può essere interpretata in diversi modi. Come scrive Parlare Civile, un progetto volto ad assistere giornalisti e comunicatori nell’affrontare argomenti rischiosi utilizzando un linguaggio corretto, “Non esistono parole sbagliate. Esistono piuttosto applicazioni scorrette delle parole“. Dobbiamo fermarci a riflettere sul linguaggio che usiamo per evitare parole, espressioni e toni aggressivi che riflettono pregiudizi, stereotipi e luoghi comuni.
Quali obiettivi persegue il linguaggio inclusivo e perché è fondamentale per una PMI?
Nel progettare una comunicazione aziendale più inclusiva dovremo cercare di raggiungere tre principali obiettivi:
- Produrre un’esperienza migliore per la maggior parte dei clienti attuali e futuri.
- Individuare i punti dolenti (pain point) dei prodotti o dei servizi offerti e cercare di risolverli in modo da incrementare la soddisfazione dei consumatori.
- Rendere l’esperienza accessibile a una gamma più ampia di individui che fino ad ora potrebbero non aver considerato di acquistare il vostro prodotto.
Come avviene tutto ciò? È il risultato del paradosso della specificità, secondo cui quando si progetta per soddisfare dei bisogni più specifici si finisce per creare un prodotto (dunque, anche un contenuto) attraente per molte più persone.
Per comprendere meglio questo concetto analizziamo tre esempi di campagne pubblicitarie (e di altrettanti brand) che hanno sfruttato correttamente il linguaggio inclusivo:
- Nike: l’azienda statunitense leader nel settore sportswear è nota per creare messaggi che sfidano le percezioni distorte che si hanno rispetto agli atleti. Per Nike, infatti, “se hai un corpo, sei un atleta”. Per diffondere questi valori nel 2020 durante la crisi pandemica, l’azienda ha lanciato la campagna You Can’t Stop Us. Attraverso un montaggio in split screen, la narrazione sfrutta la divisione fisica per ricongiungere le persone che stanno lottando per la salute comune. Le immagini che scorrono uniscono persone provenienti da tutto il mondo indipendentemente da etnie, religioni, culture, aspetti estetici o limiti fisici. Un messaggio universale che riesce a coinvolgere emotivamente un pubblico estremamente ampio. Lo spettatore diventa parte della narrazione, anch’esso atleta nella gara verso il bene comune. Dal punto di vista dei risultati, il 46% degli utenti si è dimostrato più propenso a fare acquisti da Nike dopo aver visualizzato lo spot. Un successo commerciale che evidenzia ancor di più il valore dell’inclusività.
- Adobe: anche se sempre più marchi utilizzano immagini inclusive nelle loro pubblicità, l’azienda Adobe si è impegnata fortemente nel progettare una comunicazione accogliente nei confronti di un ampio pubblico. Ne è un chiaro esempio il feed di Instagram che attraverso opere d’arte digitali realizzate con i propri software, condivide la diversità degli artisti come valore aggiunto. È importante notare come Adobe non releghi il messaggio ad una singola campagna pubblicitaria, ma è tutta l’azione comunicativa ad essere impregnata di un linguaggio inclusivo. L’azienda rende così la diversità una componente fluida della propria presenza sui social media. Cosa possiamo imparare? Sicuramente l’uso sofisticato ma potente nella gestione di contenuti social. Nascono spontanee quindi alcune domande che possono aiutarci a migliorare la presenza online: com’è il tuo feed di Instagram? I contenuti condivisi sono inclusivi in tutte le loro forme, dimensioni, colori e generi? Dove è possibile (se è possibile) fare uno sforzo in più?
- Pampers: in occasione del Super Bowl 2019, Pampers decise di creare uno spot per rompere lo stereotipo della mamma come unica persona a poter cambiare un pannolino. In questo video divertente, John Legend e Adam Levine vengono mostrati mentre sono intenti a cambiare i pannolini dei propri figli, cantando le difficoltà dei padri. L’obiettivo della pubblicità è raggiungere i neo-papà alle prese con queste sfide, al pari delle mamme. In questo modo il brand amplia anche la portata del messaggio e del prodotto. Prova a chiederti: in che modo la tua comunicazione può rompere gli stereotipi (in questo caso, di genere) e farsi portatrice di valori contemporanei e sensibili a chiunque?
Alcune linee guida finali per avvicinarsi a un linguaggio più inclusivo
Le parole nascono nella storia e si sviluppano nella cultura. Se non prestiamo attenzione a come le usiamo, potremmo trasmettere un messaggio completamente diverso dalla nostra idea originale.
Una situazione indesiderata che si verifica più spesso se non riusciamo a comprendere l’orizzonte e soprattutto il contesto socio-culturale del pubblico a cui ci rivolgiamo. Seguendo alcune linee guida possiamo però migliorare le nostre capacità comunicative per scrivere contenuti che facciano sentire le persone davvero parte della nostra narrativa di business o di brand.
- Non focalizzarti su un solo genere: in fase di progettazione del tuo prodotto o servizio avrai notato che risulta più adatto per un tipo specifico di cliente, ovvero a una buyer personas (che abbiamo raccontato in questo articolo) puntuale. Questo però è un cliente ideale, che non va troppo idealizzato. Quando definisci un genere come unico destinatario del tuo messaggio devi infatti chiederti chi stai escludendo dalla tua strategia. Sfruttare un linguaggio inclusivo significa abbracciare la diversità e raggiungere un pubblico più ampio che prima non pensavamo di poter raggiungere perché bloccati da alcune aspettative o stereotipi.
- Studia il vocabolario e i termini che possono offendere, per poi disimpararli: come anticipato, ogni persona porta con sé il proprio contesto socio-culturale. Comprendere il pubblico a cui ci rivolgiamo e la realtà dove è ‘calato’ è fondamentale per conoscere le modalità comunicative che possono o meno offenderlo.
- Chiarezza significa gentilezza: poniamoci sempre gli obiettivi di trasparenza e chiarezza nella nostra comunicazione. Fornire informazioni specifiche senza cercare di ingannare o persuadere è un’azione comunicativa che avvicina il cliente al brand e lo fa sentire realmente accolto.
- Scrivi e parla in modo accessibile: non serve impressionare le persone con terminologie complicate o meccanismi di user experience macchinosi. Il messaggio deve arrivare a più persone possibile per permetterne la fruizione anche a chi è abituato a un linguaggio semplice o è oggetto di una disabilità. Rimuovendo termini complessi dalla conversazione col cliente e fornendo strumenti adeguati alla consultazione dei contenuti potrai diminuire la frizione con l’azienda per migliorare la relazione.
Analizziamo ora le 5 regole base su come concretizzare i principi di una comunicazione inclusiva e dunque migliorare la sensibilità sociale del nostro linguaggio.
- Simmetria: utilizzare la forma maschile per gli uomini e la forma femminile per le donne. Ad esempio, invece di scrivere “Il sindaco Maria Rossi” scriveremo “La sindaca Maria Rossi”.
- Schwa: spesso la regola della simmetria non è sufficiente per comunicare in modo corretto. Per includere nel linguaggio anche chi non si definisce in modo binario, nel tempo la forma si è evoluta fino ad arrivare alla moderna declinazione in schwa (singolare “ə” e al plurale “з”). Per evitare possibili errori di utilizzo, Italiano Inclusivo ha ideato una guida dedicata per chiarire ogni dubbio.
- Frasi passive o impersonali: sfruttare queste forme permette di non esplicitare il soggetto di una frase e di formulare frasi inclusive. Ad esempio, invece di “I proprietari chiedono ai clienti di…” si dirà nei messaggi “Si chiede di…”.
- Termini collettivi: senza ricorrere a sdoppiamenti come “Gli/le insegnanti” si possono usare termini che racchiudono tutti come “Il corpo docenti”.
- Termini epiceni: sono parole che non differiscono nella declinazione maschile e femminile. In questo caso il compito dell’inclusività spetta all’articolo che deve differenziare il sostantivo. Si avrà quindi “il presidente” o “la presidente”, “il commercialista” o “la commercialista”.
Obiettivo ultimo della comunicazione inclusiva è quello di incoraggiare chiunque a considerare le implicazioni globali del proprio messaggio.
Si tratta di un percorso, lungo cui accadrà sicuramente di inciampare in alcuni errori. L’importante è comprendere lo sbaglio per migliorare sempre più la relazione… grazie ad una maggiore sensibilità.