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Questo articolo è stato pensato e scritto in collaborazione con Federica Morichetti, Copywriter e Content Manager in GreatPixel.
Con la ritrovata popolarità dei video short-form (ovvero, di durata inferiore ai 30 secondi) e una generazione di utenti con una soglia dell’attenzione inferiore agli 8 secondi, è ormai evidente che una delle fasi principali nella produzione di un contenuto sia il processo di riduzione.
In questo contesto, la gamification (ludicizzazione) offre un’alternativa. Si tratta di una tecnica comunicativa che aggiunge esperienza, piuttosto che toglierla, che gratifica l’utente e vanta una consolidata storia di casi di successo. In questo articolo ne osserviamo da vicino alcuni esempi.
Gamification: cos’è e perché funziona?
La gamification consiste nell’incorporare meccaniche tipiche dei giochi in contesti inusuali, creando in questo modo un nuovo livello di esperienza per il consumatore. È un processo che si può applicare a una miriade di contesti, fisici e digitali, e che può sortire altrettanti effetti: dalla fidelizzazione, alla creazione di community e interazione, alla semplice spinta all’acquisto. Le sue potenzialità sono infinite: un efficace processo di Gamification può cambiare definitivamente l’approccio verso un determinato prodotto o servizio.
Il mercato della Gamification è in crescita esponenziale. Infatti:
- secondo Mordor Intelligence, sebbene sia quotato a ben 15,43 miliardi di dollari, è prevista una crescita fino a 48.72 miliardi entro il 2027;
- secondo una recente ricerca di Mambo.IO, azienda specializzata in soluzioni di gamification, utilizzare tecniche di ludicizzazione può portare fino al 48% in più di customer engagement;
- chi invece usa programmi fedeltà con dinamiche di gamification può assistere a un aumento del 22% in termini di customer retention.
Perché è così efficace? Giocare ci fa bene, un’affermazione banale solo all’apparenza. Come affermava già nel 2011 la designer di videogiochi Jane McGonigal, aggiungere una componente ludica alle nostre attività ha incredibili benefici. Ciò è dovuto ai processi chimici nel nostro cervello che ci fanno sentire gratificati nello spuntare una casella, accumulare punti, sconfiggere avversari, ecc.
Nonostante ciò, nel suo libro “Reality Is Broken: Why Games Make Us Better and How They can Change the World”, McGonigal invita a una riflessione fondamentale: nessuno può essere spinto attraverso il gioco a svolgere un’attività a cui non è realmente interessato.
Il punteggio non può essere fine a sé stesso, deve nascondersi un significato più ampio che gli conferisce valore, una motivazione intrinseca. Quando l’intuizione di un bisogno umano si unisce alla costruzione di un’esperienza utente appagante, la gamification esprime tutta la sua potenzialità.
Oggi, sono molti gli esempi di brand che tramite questo processo hanno rivoluzionato il loro rapporto con il pubblico e, a volte, il loro stesso settore.
Gamification: tre esempi di successo
1. Duolingo e la rivoluzione dell’apprendimento
Un esempio di eccellenza è l’app Duolingo, che dalla sua nascita è costantemente sulla cresta dell’onda per le sue innovative tecniche di marketing.
Frutto di un’idea condivisa nel 2009 fra Luis von Ahn – professore della Carnegie Mellon University – e un suo ex studente, Severin Hacker, l’obiettivo di Duolingo è offrire gratuitamente l’apprendimento di una lingua, rendendolo facile e piacevole.
Ma cosa si nasconde dietro questo incredibile successo? Un’intuizione: imparare una nuova lingua, specialmente in età adulta, può essere necessario, ma anche dispendioso e complicato. Duolingo affronta questa sfida attraverso un approccio completamente data-driven (basato sui dati) che permette all’app di adattarsi alle necessità dell’utente, fornendo un’esperienza personalizzata.
La suddivisione dell’esperienza in livelli, superati tramite l’accumulo di punti e la possibilità di monitorare il proprio progresso hanno reso tangibile tutto ciò che rimaneva “invisibile” nello studio di una lingua, creando un circolo virtuoso che porta l’utente ad aprire l’app più spesso e, di conseguenza, apprendere più velocemente.
2. My Starbucks Rewards: come fidelizzare la clientela
Quella di Starbucks, la famosa coffeehouse con franchise in tutto il mondo, è una vicenda che mostra come un’azienda storica possa continuare a innovarsi nel tempo senza perdere la propria identità. L’azienda nasce, infatti, nel 1971 con la prima sede a Seattle e da allora ha assistito ad una costante evoluzione, adattandosi abilmente al mercato globale.
Starbucks rappresenta un chiaro esempio di come si possa unire un’esperienza digitale con una fisica utilizzando le tecniche di gamification per portare le persone in store (drive-to-store). L’azienda ha rivoluzionato il proprio programma fedeltà in-app arricchendolo di elementi ludici.
Due elementi interessanti sono il programma Star Dash e Starbucks for Life. Il primo permette all’utente di ricevere specifici vantaggi per acquisti effettuati tramite la tecnica della time pressure: creare nell’utente un senso di urgenza che lo spinge a completare l’attività nel tempo definito, trasformando così un’azione routinaria in una sfida divertente. Il secondo programma permette ai clienti di vincere caffè gratuito per un anno, un mese o una settimana completando sfide e superando mini-game; in questo modo il cliente viene premiato per la sua fedeltà al brand.
Oltre ai programmi menzionati, Starbucks ha mostrato più volte una spiccata sensibilità per i propri clienti tramite numerose partnership di successo. Tra le tante (Coca-Cola, The New York Times, Spotify) si menziona quella con PokémonGo: in occasione del successo del gioco, Starbucks ha trasformato i propri negozi in PokéStop e palestre, incoraggiando i clienti a catturare Pokémon e combattere altri giocatori. Grazie all’implementazione di elementi di gamification, Starbucks ha ottenuto una retention rate, ovvero il tasso di mantenimento della propria clientela, del 44%, decisamente superiore alla media del settore (25%).
3. Headspace: il potere della community
Headspace è un’app e piattaforma digitale incentrata su esercizi di meditazione guidata, fondata da Andy Puddicombe, un ex monaco buddista, nel 2010. Si tratta di un progetto che vuole promuovere il benessere mentale e la mindfulness (un senso di consapevolezza interiore). Gli effetti benefici delle sue meditazioni, che durano circa 10 minuti, sono stati celebrati da diversi media britannici e statunitensi e l’azienda ha persino firmato una partnership con Netflix nel 2021 per una serie di tre stagioni.
Perché Headspace funziona così bene? Fin dalla sua creazione, sono stati diversi gli elementi di gamification incorporati all’interno della piattaforma. Headspace offre un’esperienza multisfaccettata consentendo agli utenti di ottenere premi e monitorare i propri progressi. Questo permette di rendere meno tediosa la meditazione, un’attività che richiede per sua stessa natura una buona dose di costanza.
L’ottenimento di badge al completamento delle meditazioni giornaliere e il monitoraggio personalizzato dei progressi sono solo alcune delle attività disponibili. Fra tutte spicca l’importante focus sulla condivisione e sulla creazione di community: gli utenti di Headspace possono infatti connettersi fra loro e persino competere.
Il futuro della gamification
La gamification rappresenta una frontiera in continua evoluzione con un altissimo potenziale. Comprendendo i suoi principi e apprendendo dagli esempi di successo, i brand possono sfruttare una moltitudine di tecniche per potenziare le loro strategie di contenuto.
Inoltre, in un panorama in costante cambiamento, con la sempre maggiore implementazione della realtà virtuale, del metaverso e dell’IA, resta ampio spazio per immaginare nuove possibili applicazioni dell’elemento ludico. Alcuni recenti innovazioni sono le esperienze interattive svolte tramite l’utilizzo di visori o la creazione di spazi brandizzati all’interno del Metaverso in cui i clienti possono interagire con il personale tramite avatar. Questo tipo di interattività, in cui il digitale e il fisico si fondono, trasmettono entusiasmo per il futuro della customer experience.
In conclusione, “gamification” può essere ritenuta una parola chiave in qualsiasi strategia creativa che voglia porre al centro l’esperienza dell’utente, imparando a conoscerne i bisogni e i desideri, rivoluzionando il modo in cui percepiamo molte attività finora considerate banali o monotone.
Quindi, che aspettate? Game on!