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Logo deriva dal greco λόγος, che significa “parola”, abbreviazione di logotipo (typos in greco significa infatti “lettera”): un simbolo grafico che racchiude lettere e forme che rappresentano un prodotto, un’azienda, un’idea. Non solo, il logo è anche l’emblema dell’ambiente e dell’epoca in cui vivono le persone. L’evoluzione della progettazione del logo potrebbe essere fatta risalire all’antica Grecia, quando i sovrani e le loro dinastie usavano monogrammi per le proprie monete. La moderna progettazione di un logo però risale al Rinascimento, intorno al XIII secolo. Qui orafi, produttori di carta e molti altri usavano dei segni-stampa in oro, simboli cesellati, filigrana su carta e semplici impronte digitali su ceramica.
Oggi tutte le aziende usano un segno, un’icona, un simbolo o una combinazione di questi come logo: sicuramente è uno degli aspetti che più caratterizzano la società moderna e quella del recente passato. Oggi sono ovunque: sulle riviste, sul web, sui nostri smartphone. Logo oggi significa branding: anche se il concetto stesso è abbastanza recente (prima non ci si accorgeva nemmeno di un cambio improvviso di forme o font) il primo marchio brevettato risale al 1875 in Gran Bretagna. Fu la birra Bass Pale Ale a farlo: Il suo design semplice e l’iconico triangolo ha aiutato Bass a diventare il primo produttore di birra nel 1890, citata esplicitamente anche da James Joyce nell’Ulisse.
I simboli grafici di cui siamo testimoni oggi sono la risposta a numerose tecniche grafiche studiate ed implementate negli ultimi duecento anni. Dall’Art Nouveau e stile liberty al flat design che va tanto di moda oggi, scopriamo l’evoluzione che ha avuto il logo per capire il passato e il presente attraverso questi potenti simboli.
Ornamenti ovunque e loghi complessi
Durante l’età vittoriana il regno della Regina Vittoria portò numerosi artisti a quello che si sarebbe chiamato poi graphic design. Si vede nei loghi dell’epoca, forme e font con pesanti ornamenti e grazie. Un esempio è il primo logo della Pepsi Cola, datato 1898 creato, dal farmacista Caleb Bradham. Confrontiamolo con l’ultimo logo che rappresenta la Pepsi, datato 2014. Scopriamo una enorme differenza dettata dai tempi, oggi si tende ad eliminare qualsiasi tipo di complessità da simboli del genere per renderli immediatamente riconoscibili.
Questo movimento internazionale ha ridefinito l’uso di elementi decorativi nel logo design, usando semplici forme ma con elementi più complessi e iniziali illustrate. Questo può essere visto ad esempio nell’iconico logo della Jack Daniels e nel primo della Ford, con dei font che richiamano forme più arrotondate.
Ma lo stile Art Nouveau rappresenta una filosofia nel graphic design molto popolare per avere caratteri tipografici disegnati a mano. Tutto questo ha ispirato i logo designer ad adottare forme naturali nella struttura di questi segni e simboli, come ad esempio nei loghi Coca Cola e Mercedes, anche se in tempi ben differenti tra loro.
Semplificazione e geometrie arrotondate
Probabilmente è dagli anni ’30 del secolo scorso che le aziende iniziarono a riconoscere la potenza di un logo e di conseguenza doveva essere leggibile e immediatamente riconoscibile. Arrivano i font serif per loghi come Kodak e Lego, mentre Coca-Cola e Pepsi si rimettono in carreggiata semplificando parecchio. Lo stile Art déco combinava tradizione con elementi meccanici e materiali, ma anche ricchezza di colori e geometrie arrotondate.
Ma c’è anche l’espressionismo tedesco che contrappone le grazie e il floreale a linee squadrate, precise, una visione del mondo ordinata come vediamo nel logo Volkswagen datato 1938, un vero e proprio logo-fabbrica. Un approccio minimale che permette di comprendere forse la Germania dell’epoca.
Una curiosa eccezione la fa Canon, nota marca produttrice di macchine fotografiche ed obiettivi. Guardate com’era il suo primo logo (che rendeva omaggio a una divinità orientale) e l’evoluzione che ha avuto. Curiosamente l’ultima volta che Canon ha introdotto un nuovo logo è stato nel 1956, quindi quello che si vede a destra è usato attualmente.
Gli anni ’70-’80 si aprono all’originalità
L’industria del design è diventata matura e ha capito qualcosa di sé proprio durante gli anni ’70. Alcuni di questi loghi hanno resistito al tempo, cominciando a semplificarsi e diventare più chiari.
Più ci si addentrava in quegli anni più si entrava in quel postmodernismo in cui i graphic designer riaprivano la strada al simbolismo e a quegli ornamenti nei loghi che negli anni precedenti erano stati abbandonati, ma anche all’abbinamento più strano possibile dei colori, si veda il logo di MTV.
L’era digitale e il flat design
Non parliamo propriamente di un movimento storico, perché sta accadendo ancora oggi. I loghi pensati per il mondo digitale potrebbero riprendere qualsiasi stile, ma ormai il nostro occhio si è abituato al flat design, di cui si servono quasi tutte le aziende che devono progettare un logo.
I loghi erano fantastici da usare sulla carta intestata, che oggi non tutte le aziende hanno o vogliono avere. Il risultato è che è andato a semplificarsi anche il concetto di logo in sé: la maggior parte delle aziende, indipendentemente dal settore, si è affidata a simboli più semplici, a un qualcosa di riconoscibile dopo pochi istanti sui social media o su dispositivi relativamente piccoli come gli smartphone. Questo minimalismo fornisce elementi di design che danno l’illusione di tridimensionalità e fondono l’uso di elementi semplici, lettere e colori piatti.
La strada fatta negli ultimi 200 anni è davvero lunga. L’open innovation e l’approccio collaborativo hanno sicuramente cambiato le dinamiche dell’industria del graphic design e questo si ripercuoterà sicuramente nel futuro dei loghi. Cosa accadrà dopo questa iper-semplificazione, caratteri sans serif e minimalismo? Forse le aziende per distinguersi punteranno di nuovo verso una maggiore complessità del proprio logo. Alcuni come Taco Bell o Enel hanno utilizzato un effetto sfumato per distinguersi dalla piatta concorrenza.
In futuro dovremmo addirittura pensare come i loghi possano essere visti in realtà virtuale, anche se le regole e le ricette sono sempre quelle: deve permettere a chi guarda di riconoscere immediatamente l’azienda e i suoi valori.