Riepilogo Contenuti
Tendiamo sempre a immaginare i canali di comunicazione, content strategy e di marketing in quanto leve che l’azienda manovra come nel caso di un joystick. Qualcosa di ‘on/off’, di click robotico e in qualche modo matematico (o almeno geometrico), pronto per essere attivato e disattivato in funzione del piano complessivo e delle singole attività che lo compongono.
Esiste però e si sta diffondendo sempre più una ‘leva’ molto interessante: parlo dell’Employee Advocacy, chiamata anche Employee Ambassadorship o ancora Employee Storytelling.
In questo articolo spiego di cosa si tratta, come si fa e da dove partire nel concreto in azienda. Prima però, nel prossimo capitolo, riprendiamo alcuni concetti fondamentali alla base della conversazione che faremo.
Una (breve) panoramica sulle leve della Marketing Communication
Nella comunicazione e nel (digital) marketing, si orchestra un mix di contenuti e canali all’interno di una triade ormai classica di media – ovvero di spazi e canali che possiamo ‘occupare’ per interagire con i nostri pubblici. Parlo di earned, owned e paid media, che insieme compongono la Digital Marketing Trifecta.

Per spiegare di cosa si trattano, essendo un argomento molto diffuso, menzionato e descritto, ho chiesto a ChatGPT di riassumerci i tratti salienti e i principali vantaggi / svantaggi di ciascun canale.
Owned media (canali proprietari)
Definizione: Sono tutti i canali di comunicazione che un’azienda possiede e che controlla direttamente.
- Esempi:
- Sito web aziendale
- Blog aziendale
- Newsletter
- Profili social ufficiali (Facebook, Instagram, LinkedIn, ecc.)
- App mobile aziendale o di brand
- Vantaggi:
- Controllo totale sul contenuto e sul messaggio
- Costi relativamente bassi rispetto agli altri media
- Aiuta a costruire una relazione diretta con i clienti
- Svantaggi:
- Crescita più lenta rispetto ai paid media
- Richiede tempo per ottenere risultati significativi
- Percezione di bassa credibilità e trust da parte del pubblico (… è naturale a casa propria parlare bene di noi stessi)
Paid media (canali acquistati / a pagamento)
Definizione: Sono i canali in cui un’azienda paga per ottenere visibilità o traffico.
- Esempi:
- Google Ads (ricerche a pagamento su Google)
- Social media advertising (Facebook Ads, Instagram Ads, LinkedIn Ads)
- Banner pubblicitari su siti web e piattaforme digitali
- Sponsorizzazioni di influencer e creator
- Pubblicità su TV, radio, giornali
- Vantaggi:
- Visibilità immediata
- Possibilità di targettizzazione precisa (età, interessi, localizzazione, …)
- Efficace per acquisire nuovi clienti più rapidamente e con modelli a performance
- Svantaggi:
- Può essere costoso (dipende comunque molto dalle piattaforme attivate e dagli obiettivi che vogliamo raggiungere)
- Non costruisce una relazione a lungo termine con il pubblico ma ragiona in termini temporali (ovvero, sul tempo di on air della campagna paid)
- I risultati si interrompono – o comunque incontrano forti discontinuità nella performance – quando si smette di pagare
Earned media (canali ‘guadagnati’)
Definizione: Sono tutti i contenuti e la visibilità ottenuti in modo organico grazie a recensioni, condivisioni o menzioni da parte del pubblico e dei media.
- Esempi:
- Articoli su blog o testate giornalistiche (non remunerati)
- Condivisioni e menzioni sui social media da parte degli utenti
- Recensioni su piattaforme come Trustpilot, Google Reviews, TripAdvisor, …
- Passaparola tra i clienti (word of mouth)
- Vantaggi:
- Maggiore credibilità rispetto agli altri media (perché è spontaneo)
- Costi ridotti rispetto ai paid media
- Può generare grande esposizione virale
- Svantaggi:
- Non può essere controllato direttamente (d’altronde, la reputazione è “ciò che gli altri dicono di noi, quando noi non siamo nella stanza”)
- Può includere recensioni negative (anche le crisi sono esempi di earned media 😉 )
- Difficile da prevedere o scalare rapidamente
L’ideale sarebbe combinare tutte e tre le tipologie per una strategia di marketing efficace, integrata e bilanciata. E inoltre aggiungerne una… no, te lo spiego nel prossimo capitolo!
L’ascesa e i benefici dell’Employee Advocacy
Da qualche anno, al fianco di questo trittico si aggiunge una quarta leva – che genera employed media. Essa come ho già anticipato, può assumere diversi nomi come Employee Advocacy, Employee Ambassadorship o Employee Storytelling.
L’Employee Advocacy consiste in un’attività di trasformazione dei canali social e digital dei dipendenti e dei collaboratori in potenti leve di comunicazione aziendale.
Gli employed media sono proprio il risultato di questa attivazione: la presenza social degli employees (per esempio il profilo LinkedIn, o ancora l’account Instagram) ospita o rilancia contenuti corporate, amplificandone la viralizzazione e la condivisione.
Già da questa prima condivisione del significato del termine, capiamo che si tratta di un’attività molto potente in quanto:
- è efficiente. Qualcuno la chiama pubblicità quasi gratis, e gli dò ragione! Comunque, si tratta di un’operazione spesso meno costosa di una qualsiasi pubblicità tradizionale. Pensa al potere che avresti a coinvolgere anche solo 100 collaboratori: grazie al loro network digitale, verrebbe attivata un’audience di tutto rispetto…

- rinforza la fiducia verso il brand. Sappiamo bene che il racconto genuino fatto dai dipendenti verso la propria azienda o brand è percepito molto meglio rispetto a una comunicazione più classica proveniente direttamente dallo stesso. Questo vale anche per le attività di talent attraction, perché si offre ai possibili nuovi collaboratori aziendali una piattaforma narrativa e di senso attraverso cui essi possono valutare l’organizzazione e la coerenza con i propri valori;
- migliora il clima organizzativo. Si tratta di un modo per coinvolgere gli employees nella narrativa aziendale, rinforzando la loro percezione di essere parte di un ‘tutto’ più ampio e di valore.
Per una lista (non esaustiva) di altri benefici, ti consiglio di guardare questa infografica aggiornata di Giraffe Social.
Come si progetta un piano di Employee Advocacy
Spero fin qui di averti convinto della bontà di iniziare a pensare a un piano di Employee Advocacy. Ma in concreto, come si imposta e di cosa si tratta?
Una domanda molto corretta: in effetti, ci sono alcuni passi da seguire per iniziare a coinvolgere adeguatamente collaboratori e dipendenti all’interno delle attività di comunicazione aziendali, in quanto potenti storyteller e ambassador del brand.
1. Definizione degli obiettivi
Come avrai immaginato leggendo alcuni dei benefici portati da un piano di Employee Advocacy fatto bene, tutto inizia dal perché. Ovvero, per quale motivo è desiderabile impostarlo e attivarlo? Le ragioni possono essere diverse:
- rinforzare le principali dimensioni di branding, stimolare l’employee attraction e l’employer brand (ovvero, l’immagine dell’azienda in quanto datore di lavoro);
- impattare positivamente sulla reputazione aziendale complessiva;
- amplificare la diffusione dei messaggi di marca;
- aggiungere una leva di engagement e di identificazione verso l’azienda degli stessi employees;
A proposito di employees, ovvero dei dipendenti aziendali, essi possono ottenere benefici molto interessanti ben riassunti nell’infografica di PostBeyond che mostro sotto. Tra questi: vedere crescere il proprio network di contatti professionali, generare un aumento di visibilità dei propri canali social e migliorare il proprio personal brand di business.

Sugli obiettivi, potrei continuare all’infinito: proprio per questo, il consiglio è di selezionarne pochi e aderirvi in toto. Anche perché da essi verrà definito l’insieme delle metriche e degli indicatori di performance (Key Performance Indicators – KPI) da monitorare per valutare l’efficacia delle iniziative.
2. Selezione e onboarding dei dipendenti
Compreso l’obiettivo che guiderà le attività, bisogna accuratamente selezionare e portare a bordo (in inglese, onboarding) le persone dell’azienda che pensiamo adeguate. Ci sono diverse linee guida che possiamo seguire a tal proposito:
- First come, first served: condividiamo un messaggio interno all’azienda (anche semplicemente un’email, o una newsletter sulla intranet organizzativa) con la descrizione del lancio all’iniziativa. I primi x (20? 50? 100?) dipendenti che saranno più rapidi a proporsi potranno partecipare.
- Selezione ex ante: più dispendioso in termini di tempo, è anche possibile effettuare una pre-selezione dei dipendenti e dei collaboratori – prediligendo quelli più attivi e presenti sui social media. Un’attività un po’ stalker, ma utile per evitare di portare a bordo persone magari appassionate e volenterose, ma che poi rischiano di rivelarsi inadatte all’attività.
3. Selezione della tecnologia a supporto
I piani di Employee Advocacy sono quasi sempre sviluppati utilizzando una soluzione tecnologica dedicata, che permette di automatizzarne le attività tipiche.
Si tratta il più delle volte di strumenti e programmi a cui le persone coinvolte possono connettere i propri canali social media (principalmente LinkedIn, ma anche X, Facebook, Instagram o addirittura TikTok) e ricevere le notifiche dei contenuti che il social media manager dell’iniziativa mette a disposizione per la pubblicazione.
Sul panorama internazionale gli strumenti di Employee Advocacy più validi e diffusi sono GaggleAMP, Ambassify, Sociabble, Oktopost: il consiglio è partire da questi! Si tratta il più delle volte di soluzioni a pagamento, con costi delle licenze che variano a seconda di alcune variabili. Anche per tale ragione, un’occhiata ai siti web è fondamentale 😉
4. Produzione del Piano Editoriale
Come anticipato nel punto sopra, un passo molto importante consiste inoltre nella produzione e organizzazione all’interno di un Piano Editoriale (PED) strutturato dei contenuti che desideriamo che i nostri collaboratori repostino, rilancino e ri-condividano sui propri social media.
Possiamo anche lasciare alcuni spazi di libertà, dando loro suggerimenti ma lasciando poi alla penna di ciascuno la produzione concreta dello stesso. Un’attività molto bella e coinvolgente, rispetto a cui occorre però essere sicuri che i risultati finali pubblicati siano ben fatti e corretti dal punto di vista della social media policy organizzativa.
Il PED sarà poi caricato sulla piattaforma tecnologica di Employee Advocacy selezionata, che a sua volta permetterà in pochi clic agli employees di diventare veri content creator e ambassador genuini dei messaggi aziendali.

5. Misurazione e analytics
Last but not the least… la misurazione! Comprendere come stiamo andando è un passo importante sia per capire se siamo nel verso giusto, sia per rendicontare le attività ai nostri stakeholder interni (penso all’imprenditore o al manager).
Le metriche e i KPI per misurare l’efficacia e/o l’efficienza di quanto stiamo facendo sono moltissime e, come scritto sopra, variano tanto in funzione degli obiettivi del piano di Employee Advocacy.
Se pensiamo alla classica ripartizione del funnel della nostra audience, possiamo distinguere tra metriche TOFU, MOFU e BOFU.

- TOFU: ovvero Top (agli inizi) of The Funnel di conversione o di comunicazione. Alcune metriche tipiche possono essere:
- Share of Voice – SOV = (% di menzioni sul brand / % di menzioni della industry) * 100
- Net Sentiment Score = (commenti positivi – commenti negativi) * 100 oppure su una scala da -100 a +100
- Cost per Thousand / Mille – CPM = (budget totale di campagna di Employee Advocacy / numero totale di impressioni generate) x 1.000
- MOFU: ovvero Middle / Mid of the Funnel di conversazione o di comunicazione. Alcune metriche tipiche possono essere:
- Engagement Rate = (engagement totale / numero di follower) * 100
- Cost per Click = costo totale della campagna di Employee Advocacy / numero di click generati da essa
- Reach = numero di persone raggiunte da un certo contenuto.
- BOFU: ovvero Bottom of The Funnel di conversione o di comunicazione. Alcune metriche tipiche possono essere:
- Click-Through Rate – CTR = (numero di click / numero di impressioni) * 100
- Conversion Rate Optimization – CRO = (azioni [transazioni] / visite uniche) * 100
- Customer Acquisition Cost – CAC = costo totale dei nuovi utenti acquisiti / numero dei nuovi utenti acquisiti durante uno specifico periodo
Insomma, ce n’è per tutti i gusti 🙂 una nota importante però: i Key Performance Indicators sono appunto… key. In altre parole, scegli con cura le metriche affinché possano orientarti al meglio.
Gli Employed Media nel tuo Marketing & Communication Mix
Spero con questo articolo di averti convinto rispetto al valore di abilitare dipendenti e collaboratori all’interno del tuo piano di comunicazione e marketing. I benefici, in effetti, sono molti e variegati.
Se deciderai di attivare un piano di Employee Advocacy… beh, sono curioso: fammi sapere come va!