Questo articolo è stato pensato e scritto in collaborazione con Federica Morichetti, Copywriter e Content Manager in GreatPixel.
Oggi più che mai i dati sono alla base di ogni strategia comunicativa vincente: saperli gestire, interpretare e soprattutto comunicare è una sfida a cui nessun brand può sottrarsi. Il data-driven mindset è una parola ripetuta costantemente come chiave di successo per i brand che vogliono raggiungere e mantenere un pubblico attivo e interessato.
Ma cosa significa davvero essere data-driven? E soprattutto, come si può comunicare questo valore aggiunto alla propria clientela?
Data-driven: cosa significa farsi guidare dai dati
L’approccio data-driven si basa sulla raccolta e l’analisi di dati che aiutano a comprendere i comportamenti e le preferenze degli utenti allo scopo di produrre contenuti personalizzati. Queste informazioni hanno un enorme valore per i brand, come insegnano i grandi nomi del tech, per i quali i dati sono un bene prezioso che condividono raramente e a caro prezzo.
A chi non piace ricevere un servizio su misura in base ai propri gusti? L’utente che riceve un contenuto ad hoc si sente compreso e si affeziona più facilmente al brand, ma i dati sono spesso un’arma a doppio taglio. Attorno al tema si è aperto da anni un vivace dibattito sulla privacy che non accenna a rallentare. I dati fanno spesso paura, sia a chi deve gestirli che a chi li fornisce. Per questo, le aziende sono sempre più frequentemente chiamate a mostrare massima trasparenza nelle loro operazioni.
Nel frattempo, si complica anche lo scenario digitale e la strada verso un approccio data-driven è sempre più ricca di ostacoli. La Harvard Business Review ne indica i principali:
- Un necessario stravolgimento della cultura aziendale. I dati sono elementi fluidi, che non rispettano le gerarchie aziendali e le tempistiche burocratiche. I brand devono ripensare la loro organizzazione e accogliere la trasformazione digitale. Dal sondaggio del 2022 risulta che quasi il 92% dei dirigenti intervistati definiscono la cultura aziendale come principale ostacolo a questo cambiamento.
- L’enorme quantità di dati. Gli strumenti attuali consentono di riceverne una mole importante in tempi molto brevi – in gergo si parla di big data. Ciò comporta uno sforzo enorme per i brand che vogliono analizzarli e interpretarli.
Per questi motivi, le aziende impiegano gran parte delle proprie risorse nella gestione della mole di informazioni, dimenticando troppo spesso di rendere partecipi del processo i propri clienti.
Lo storytelling dei dati
Forbes indicava il data storytelling (il racconto dei dati) e la data literacy (la capacità di saper leggere e interpretare i dati) come al primo posto fra le 5 abilità fondamentali nel mercato digitale del 2023. Tale affermazione è ancora più vera nel 2024: affinché un’azienda possa definirsi completamente data-driven, queste competenze sono inevitabili.
Anche per gli esperti del settore saper raccontare quello che i dati rivelano è complesso. Spesso i brand vantano grandi successi sfoggiando questa o quella percentuale di aumento in retention, engagement, drive-to-store, lead generation ecc. Ma cosa significano davvero? I numeri e le percentuali possono diventare assordanti se non vengono tradotti in valori concreti, comprensibili anche da chi non è del mestiere.
Inoltre, il cliente desidera conoscere il modus operandi e rispondere alla domanda: “dove vanno a finire i miei dati?”. Uno storytelling efficace può rassicurarlo e spiegare che il processo ha il solo scopo di rendere la sua esperienza più soddisfacente. Fortunatamente, ci sono diversi esempi di successo: un progetto che emerge fra tutti per la sua capacità di adattamento è Spotify Wrapped.
Spotify Wrapped: quando i dati rivelano storie
Spotify, con i suoi 602 milioni di utenti, è leader del settore dello streaming musicale e per questo raccoglie un’enorme quantità di dati. Questo dà all’azienda un grande vantaggio comunicativo che ha saputo, dal 2017, sfruttare brillantemente nel suo Spotify Wrapped.
Il Wrapped nasce da un’idea semplice ma efficace: permettere agli utenti di scoprire il proprio “anno in musica” al termine dello stesso, attraverso una serie di statistiche e numeri che mostrano i loro artisti e brani preferiti. Si tratta di un progetto che combina l’analisi dei dati con un’identità grafica brillantemente curata e riconoscibile. In questo modo Spotify riesce a dimostrare quanto i suoi utenti siano affezionati, mostrando le ore di ascolto e generando in loro un senso di orgoglio nel poter dimostrare concretamente la loro passione.
Quello della musica è certamente un settore che si presta maggiormente allo storytelling, tuttavia, Spotify è riuscita negli anni a evolvere il Wrapped senza mai risultare banale. Il formato in stories, con animazioni dinamiche, possibilità di interazione e colori sgargianti, rendono il Wrapped perfettamente confezionato per essere ricondiviso sui profili social. Questo moltiplica le potenzialità di portare nuovi utenti sulla piattaforma e trasforma gli attuali in brand ambassadors.
Spotify offre già un servizio estremamente personalizzato creando delle playlist data-based, come il “Daily Mix”, che raccolgono i brani preferiti dall’utente in base ai generi musicali o persino al mood (atmosfera). Grazie a questi dati la piattaforma è in grado di riconoscere velocemente le preferenze dell’utente e persino suggerire gli artisti che potrebbe apprezzare in futuro.
Oltre alla grafica accattivante e l’utilizzo di call to action originali, che spingono l’utente a esplorare le diverse sezioni del Wrapped, Spotify ha iniziato a coinvolgere oltre 40.000 artisti, chiedendo loro di registrare un video-messaggio che appare nel Wrapped dei loro ascoltatori più fedeli.
La chiave del successo
Spotify Wrapped combina efficacemente i numeri con i loro significati, accompagnando l’utente in un viaggio nostalgico che ben si associa a quella sensazione comune di quando ci si affaccia al nuovo anno. Un brillante insight viene offerto da Louisa Ferguson, responsabile della Global Marketing Experience di Spotify, che riguardo il Wrapped del 2023 racconta: “ci siamo resi conto che ‘il tuo Wrapped non mente’. I dati sono reali. E così ci siamo impegnati a creare il Wrapped più vero di sempre.”
Quello del Wrapped è un esempio di come essere veramente data-driven significhi saper cogliere le storie che si nascondono dietro i dati e di quanto sia importante poterle “restituire” a chi questi dati li ha forniti. E voi, come raccontereste in modo originale i dati ai vostri utenti?