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La rotativa
Grandi rulli dove scorrono a velocità pazzesche i giornali appena stampati, chi non ha questa immagine in testa? Le rotative sono entrate oggi nell’immaginario comune, questa invenzione è però apparsa relativamente tardi nella storia della stampa. Solo nell’Ottocento, infatti, si cominciò a pensare a un sistema che sostituisse la pressa tipografica che, sostanzialmente, era rimasta invariata dai tempi di Gutenberg. L’idea è semplice: sostituire tutte le superfici piane degli organi di stampa con cilindri in rotazione, un cilindro sostiene la forma inchiostrata, l’altro sostiene il foglio. Può sembrare un’invenzione da poco, ma passare dalla pressa tipografica piana al cilindro rivoluzionò il mondo della stampa e permise molto più efficacemente di sfruttare le scoperte della rivoluzione industriale: la macchina a vapore e in seguito l’energia elettrica. Tutto diventò più veloce, più grande, più efficiente: si dà il via alla stampa come processo industriale. Ci si arrivò per gradi e per una somma di intuizioni. Nel 1814 l’inventore tedesco Friedrich Koenig mise a punto la prima pressa pianocilindrica, azionata a vapore che permetteva di aumentare la velocità di stampa da 300 a 1100 fogli all’ora. Trent’anni dopo. L’americano Richard March Hoe prese quella invenzione e la migliorò realizzando la prima vera e propria rotativa. Qualche anno dopo sostituì i fogli singoli con le bobine, ovvero grandi nastri di carta.

Linotype
Dall’invenzione della stampa fino all’età industriale, c’era un’attività rimasta immutata per quattro secoli: la composizione delle pagine.


Il computer
A determinare il declino della fotocompositrice fu un’altra, straordinaria macchina: il computer.