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I maestri del fumetto: Andrea Pazienza
Andrea Pazienza nasce a San Benedetto del Tronto il 23 maggio 1956. Sia il padre che la madre sono due insegnanti, lui di educazione artistica, lei di educazione tecnica. Trascorre i suoi primi anni di vita a San Severo, in provincia di Foggia. Sin da bambino dimostra un grande interesse per il disegno: a 18 mesi riceve i primi complimenti dai genitori per aver disegnato un orso estremamente realistico.
A 12 anni si trasferisce a Pescara per studio e comincia le sue frequentazioni artistiche, tanto da diventare tra i titolari della galleria d’arte “Convergenze”. Qui approfondisce la conoscenza con artisti e intellettuali ed entra in contatto con Tanino Liberatore, figura importante che farà poi parte della sua vita. Nel 1974 si iscrive al Dams di Bologna, che non completa perché subito comincia a lavorare nel campo dell’arte. A mancargli è solo l’esame di Estetica con Umberto Eco, ma Pazienza non se la sente di affrontarlo (pur essendo diventato suo amico).
La sua prima mostra è però a Pescara nel 1975, una serie di quadri che stupiscono tutti i visitatori, tra cui c’è Isa D’estate, dedicato alla sua più cara amica Isabella Damiani, che viene riconosciuto come autentico capolavoro. Andrea Pazienza, infatti, non è stato solo un maestro del fumetto, ma anche pittore molto apprezzato: il suo stile unico, colorato e sognante ha influenzato tantissimi autori negli anni successivi.
Bologna è per lui una città che gli ispira odio e amore: gli ambienti universitari, la politica militante, le piazze, le manifestazioni, diventano lo sfondo su cui si muovono le prime storie di Paz, come viene anche chiamato. In questo ambiente l’autore assorbe tante tematiche che poi entreranno nelle sue opere. Tra queste c’è il post ’68 culminato con il movimento di protesta di fine anni ’70. L’anno che però lo consacra e che lo fa conoscere al pubblico è il 1977.
L’esordio con Pentothal
Il vero esordio di Andrea Pazienza, cioè un lavoro fumettistico regolarmente pagato, avviene nel 1977 sulle pagine di Alter Alter, la rivista nata grazie a Oreste del Buono, noto scrittore e sceneggiatore italiano. Pazienza si presenta in redazione con 10 tavole di una storia, “Le straordinarie avventure di Pentothal”, che stupiscono tutti, dai disegni alla narrazione.
Il nome di Pentothal, le cui sembianze sono proprio quelle di Pazienza, deriva da quello del siero della verità usato da Diabolik per estorcere confessioni. E Le straordinarie avventure di Pentothal, opera uscita a puntate dal ’77 all’81 proprio su Alter Alter, rappresentavano una vera e propria confessione per l’autore. Una storia generazionale che racconta le avventure di un giovane intrappolato in una realtà da cui non riesce ad uscire.
Non c’è uno stile ben preciso, che muta e si trasforma anno dopo anno. Tecnicamente Paz è già un prodigio, con grandi abilità registiche che dimostra in ogni vignetta, con storie fatte di ansie e ”viaggi mentali” che corrono insieme alla rivoluzione che ha investito Bologna nel 1977. Sono gli anni dei neonati centri sociali, della controinformazione, delle grandi manifestazioni di piazza. E proprio nel 1977 accade un evento che fa da spartiacque nella vita dell’autore.
Viene ucciso da un carabiniere lo studente di Lotta Continua Francesco Lorusso durante un’irruzione a un’assemblea di Comunione e Liberazione. Un evento che sconvolge la stagione e che sancisce una vera spaccatura trai movimenti studenteschi e la sinistra più istituzionale. Pazienza corre nella sede in cui si stampa Alter Alter e consegna all’ultimo minuto una tavola finale di Pentothal completamente ridisegnata, da sostituire a quella esistente.
Qui si vede il grande cambiamento interiore che avviene nell’autore: comunica direttamente al lettore cosa prova, rompe la quarta parete, scatenando forse una rivoluzione nel fumetto di cui nemmeno si rende ancora conto.
Con Pentothal Pazienza si dimostra già un autore maturo: riesce a spostare l’attenzione del pubblico fumettistico dai personaggi all’autore stesso. Un cambiamento importante per l’epoca, in cui i fumetti erano conosciuti e acquistati soprattutto per la notorietà dei personaggi. Pazienza invece eleva lo status di colui è che dietro il tavolo da disegno: è un autore come può esserlo una persona che scrive libri. Finalmente i fumetti non sono più relegati a materiale di consumo per bambini.
Dalle riviste a Zanardi
Gli anni di Bologna corrispondono a quelli delle ormai iconiche riviste a fumetti, espediente editoriale che è ormai scomparso ai giorni nostri. Si trattava di riviste spesso indipendenti che contenevano storie a fumetti, pubblicate a puntate, di diversi autori, ma anche inchieste giornalistiche e molto altro. Pazienza entra a far parte della rivista Cannibale, fondata da Stefano Tamburini e Massimo Mattioli, sempre in quel fatidico 1977, con gli amici Filippo Scòzzari e Tanino Liberatore. Si crea un gruppo forte di autori che successivamente creano e collaborano a riviste come Il Male, Corto Maltese e Frigidaire.
Dal 1978 Andrea Pazienza diventa una vera e propria “rockstar del fumetto”: disegna copertine per i dischi di Roberto Vecchioni e PFM, una locandina per il film “La città delle donne” di Federico Felini, nel 1983 la locandina di Novecento dia Bernardo Bertolucci.
Illustrazione dell’artista Andrea Pazienza. Tutti i diritti sono riservati.Ma quelli sono anche gli anni per lui della sperimentazione e della satira, che coincidono con le storie che vedono protagonista l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, con una lunga serie di disegni e vignette che vengono pubblicate su tutte le riviste con cui collabora Pazienza, da Il Male a Frigidaire e Cannibale. Pazienza è affascinato fa Pertini e dalla sua integrità morale, tanto da creare una serie di tavole intitolate “Pertini il partigiano”, dove al fianco del Presidente (chiamato scherzosamente “Pert” da Pazienza) c’era la giovane spalla “Paz”, da cui l’assurdo duo “Pert e Paz”.
Gli anni successivi però mostrano un Andrea Pazienza sempre più inquieto verso il disegno e il mondo. Da questo deriva il suo secondo iconico personaggio: Zanardi, il suo alter ego triste e arrabbiato.
Apparso per la prima volta nell’episodio “Giallo Scolastico” su Frigidaire del 1981, è stato il personaggio che ha portato Pazienza alla ribalta. I movimenti di massa del ’68 e del ’77 spariscono, mentre si fanno prepotenti l’edonismo degli anni ’80, le droghe, i soldi, l’individualismo. Un personaggio cattivissimo, dedito agli scherzi più feroci insieme ai suoi compagni, che fa uso di qualsiasi tipo di droga.
Zanardi è un liceale bolognese sempre accompagnato dai compagni Colasanti e Petrilli: un personaggio caotico ed efferato, che ben rappresenta il volto di una ribellione nichilista, contro qualsiasi tipo di perbenismo. Pazienza descrive Zanardi così: “la sua caratteristica principale è il vuoto. L’assoluto vuoto che permea ogni sua azione”.
A quel punto l’influenza di Pazienza sul mondo del fumetto e della cultura popolare è ormai inarrestabile. La sua popolarità esplode letteralmente e l’autore comincia a collaborare a tantissimi nuovi progetti. Collabora con la testata Avaj, fondata insieme a Jacopo Fo, e poi insegna fumetto alla Libera Università di Alcatraz, fondata da Dario Fo a Santa Cristina di Gubbio. A Bologna invece nasce la scuola di fumetto “Zio Feininger”, dove insegna insieme a Igort, Magnus, Lorenzo Mattotti e molti altri grandi autori che si sono affermati negli anni successivi nel panorama fumettistico nazionale e internazionale.
Questi sono anni di grande attività per Pazienza, che passa dai lavori di pittura alla sceneggiatura, teatro, grafica pubblicitaria. E nella sua vita, ormai da tempo, è entrata anche l’eroina, la droga che lo consumerà fino a causargli la morte.
Pompeo, il suo testamento a fumetti
Nel 1984 Andrea Pazienza lascia Bologna per trasferirsi a Montepulciano, in Toscana, ma gira comunque l’Italia per i suoi lavori e inizia a pubblicare per la nota rivista Linus. A Roma, nel giugno del 1985, conosce Marina Comandini, che nel 1986 diventa sua moglie e si trasferisce in Toscana con lui.
Qui crea un altro dei suoi personaggi più iconici: Pompeo, che pubblicherà con Editori del Glifo fino al 1987. Un vero e proprio romanzo grafico, o Graphic Novel come si chiamerebbe oggi. Si tratta del vero testamento artistico dell’autore, che racconta la discesa all’inferno dell’eroina con rimandi anche alle vecchie opere dello stesso Pazienza. Un diario introspettivo con un segno e un tratto estremamente ricco ma irregolare.
Molto significativi e toccanti sono le tavole de “Gli ultimi giorni di Pompeo”, sulle quali Pazienza si lascia andare in una sorta introspezione finale che quasi ne annuncia la sua morte.
Andrea Pazienza muore la notte del 16 giugno 1988 a Montepulciano a causa di un’overdose di eroina. Non è mai stata la sua dipendenza però questo a caratterizzare uno dei più grandi artisti italiani di tutti i tempi. Il suo stile esuberante e mai uguale a sé stesso, la sua duttilità nel raccontare storie sia su tavole singole che di formato più di ampio respiro, il suo muoversi da un medium all’altro senza alcuna difficoltà fa di Pazienza un artista rarissimo e prezioso, che ha davvero rivoluzionato il modo di raccontare a fumetti e ispirato centinaia di autori nei decenni successivi alla sua morte.