Riepilogo Contenuti
SOMMARIO
I maestri del fumetto: Alan Moore
Gli esordi e le fanzine
Gli anni ’80: V for Vendetta e Watchmen
Gli anni ’90: il “mago” Alan Moore
Alan Moore, uno scrittore unico
I maestri del fumetto: Alan Moore
Alan Moore è un autore inglese, scrittore e fumettista tra i più importanti e influenti al mondo. Conosciuto soprattutto per aver scritto fumetti e graphic novel come Watchmen, V per Vendetta e From Hell, è stato un grande innovatore, sia nei temi trattati che riguardo lo storytelling. È riconosciuto da colleghi, critica e lettori come uno dei migliori autori inglesi di tutti i tempi.
La sua vita è costellata di grandi opere autoriali, ma nel tempo ha lavorato anche su personaggi popolari come Batman (Batman: The Killing Joke) e Superman (Superman: Che cosa è successo all’uomo del domani?). La sua carriera è caratterizzata quindi sia da fumetti mainstream che da periodi di allontanamento dal fumetto popolare, da cui sono scaturiti lavori così complessi da poter essere definiti letteratura disegnata.
Alan Moore è anche una figura piuttosto controversa, che spesso ha dimostrato le sue obiezioni contro Hollywood e le trasposizioni cinematografiche delle sue opere. Nonostante questo, i suoi lavori hanno ispirato diversi film di successo. Una vita straordinaria, che ha regalato a un pubblico adulto e consapevole alcune storie memorabili e che hanno elevato il fumetto come medium in tutto il mondo.
Gli esordi e le fanzine
Alan Moore nasce a Northampton, in Gran Bretagna, nel 1953, da una famiglia piuttosto modesta. Cresce in un quartiere povero e già da bambino legge fumetti, che comincia a divorare dall’età di 5 anni, soprattutto quelli umoristici inglesi come Topper e The Beezer, per poi scoprire i supereroi nel 1961 con I Fantastici Quattro e Superman.
Comincia in adolescenza a collaborare con diverse fanzine, cioè riviste a fumetti indipendenti, per poi crearne una tutta sua verso la fine degli anni ’60: si chiama Embryo, dove si vedono i suoi primi lavori.
In questo periodo dimostra la sua reticenza verso la scuola e comincia per lui l’utilizzo degli allucinogeni: “l’LSD è un’esperienza incredibile: non la raccomando a nessuno, ma per me, in qualche modo, ha instillato il concetto che la realtà non è una cosa fissa e definita. Ci sono altre e diverse prospettive, piene di significati differenti, questo ha avuto un profondo effetto su di me”, ha dichiarato Moore. Un’idea sulla realtà che si riflette molto bene sulle sue opere successive e anche sulla sua vita personale.
A 17 anni viene espulso da scuola per aver venduto LSD, quindi, comincia a fare i lavori più disparati, dalla pulizia dei bagni al portiere. Nel 1973 sposa Phyllis Dixon, una ragazza della sua città, da cui avrà due figlie negli anni successivi. Continua a lavorare, dilettandosi durante il tempo libero sia nel disegno che nella scrittura.
Non soddisfatto del suo lavoro, decide di dedicarsi solo al fumetto e all’illustrazione. Invia varie prove agli editori, ma uno dei suoi primi lavori retribuiti appare sulla rivista musicale Sounds, cioè due episodi della striscia Roscoe Moscow, la storia di un detective privato. Li pubblica però con lo pseudonimo di Curt Vile. Anche la sua opera successiva, la striscia Maxwell the Magic Cat per il quotidiano locale Northampton Post, viene pubblicata con uno pseudonimo per oltre sette anni, cioè Jill Deray.
Col tempo Alan Moore si concentra sempre poi più sulla scrittura e il primo “salto” avviene grazie al suo amico Steve Moore, già sceneggiatore per Marvel UK. Inizia a scrivere le prime storie per Doctor Who Weekly e per 2000AD, importante rivista inglese a fumetti, realizzando alcuni episodi di Tharg’s Future Shocks, oltre a creare il personaggio di Abelard Snazz.
Gli anni ’80: V for Vendetta e Watchmen
Questi sono stati forse gli anni più importanti e prolifici di Alan Moore come sceneggiatore di fumetti, che come sempre applica la sua vasta sensibilità letteraria al medium, includendo temi impegnativi e adulti. Nel 1982 esce la rivista Warrior, sulla quale Alan Moore scrive e pubblica due serie molto importanti.
La prima è Marvelman (successivamente ribattezzato Miracleman per problemi di diritti), una revisione di un personaggio apparso in alcuni fumetti inglesi degli anni ’50. L’autore riprende la storia rendendola più adulta e oscura, iniziando il cosiddetto revisionismo supereroico: prendere supereroi classici e inserirli in storie più realistiche e cupe. Una tecnica utilizzata, ad esempio, successivamente anche nel Batman di Frank Miller.
Tra il 1982 e il 1985 esce sempre sulla rivista Warrior una delle opere più importanti di Moore: si tratta di V per Vendetta, disegnata da un David Lloyd in stato di grazia. La storia è ambientata in un 1997 distopico: dopo una guerra nucleare globale la Gran Bretagna è diventato uno Stato fascista e contrastato da un anarchico solitario in maschera, Guy Fawkes. I temi dell’opera sono pesantemente influenzati dal periodo storico i cui vivono gli autori, con il governo conservatore di Margaret Thatcher e le reali prospettive di un mondo in cui tutte le minoranze etniche e sessuali sono state praticamente eliminate.
V per Vendetta è uno dei fumetti più importanti del ‘900, che è andato anche oltre l’opera in sé. Ha creato un’icona, la maschera del protagonista V, diventata simbolo di diversi gruppi anarchici o di contestazione (spesso, purtroppo, anche di gruppi di complottasti vari). Il protagonista di questa storia è una vera e propria estremizzazione del supereroe, un uomo mascherato che non vuole ristabilire l’ordine come Batman o altri giustizieri, ma rifiutare totalmente l’autorità.
Questo, insieme al successivo Watchmen di cui parleremo, è un altro grandissimo contributo di Alan Moore al mondo dei fumetti: riscrive praticamente il ruolo del supereroe nella società, che diventa non solo un fantoccio “giustizialista” nelle mani del governo o di qualche utopistico volere di ordine, ma un essere umano che persegue un suo obiettivo. Il volto di Guy Fawkes è una “maschera di una maschera”, lo dice lo stesso nome “Guy”: un “ragazzo”, praticamente chiunque può essere V e in questo modo è impossibile identificare l’oppositore.
Nel frattempo, Alan Moore lavora anche per Marvel UK al personaggio di Capitan Bretagna. Un’altra svolta arriva con la sua collaborazione con DC Comics: nel 1983 Leo Wein, creatore di Swamp Thing, propone a Moore di collaborare alla scrittura della serie, ferma dal 1976 a causa delle scarse vendite.
L’autore rivoluziona letteralmente il mondo di Swamp Thing, introducendo temi sociali e che riguardano l’ambiente, affiancandoli all’horror che contraddistingue la serie. Per molti la serie diventa un vero e proprio trattato di filosofia e antropologia. Non solo, rivoluziona proprio la metodologia di lavoro con cui i fumetti vengono scritti e disegnati.
Moore decide che alcune ingenuità con cui venivano prodotti i fumetti dovevano essere superate. Elimina ad esempio i punti esclamativi alla fine delle frasi, elemento che spesso contraddistingueva i comics americani. Inoltre, modifica l’intero processo creativo, improntando una collaborazione tra sceneggiatore e disegnatore a doppio senso. Scrive sceneggiature suddividendo ogni pagina in scene, descrivendo dettagliatamente ogni vignetta e chiedendo ai disegnatori di proporre correzioni o suggerimenti alle sue idee. Prima, invece, lo sceneggiatore dava un’idea di massima della pagina, un “accade questo”, poi il disegnatore doveva interpretare.
Con il nuovo metodo di lavoro cambia tutto. La narrazione diventa molto più cinematografica e studiata. In Swamp Thing c’è la totale libertà nella costruzione della tavola, che smette di essere un insieme di riquadri: doppie splash page a pagina intera, scene circolari, veri e propri flussi di coscienza disegnati. Tutto questo ha un impatto enorme sul mondo del fumetto, che cambia irrimediabilmente. Dopo il successo di Swamp Thing avviene la cosiddetta “British Invasion”: le case editrici americane vanno infatti a caccia di altri talentosi autori inglesi, che a un certo punto dominano praticamente il mercato. Proprio in questo periodo emergono autori come Neil Gaiman e Grant Morrison, altri due capisaldi della scrittura a fumetti di qualità.
Dopo aver scritto alcune storie per Superman, Moore scrive e pubblica per la DC Comics uno dei suoi più grandi capolavori, tra il 1986 e il 1987: Watchmen, che vede Dave Gibbons ai disegni. Una serie la cui storia si basa su una ucronia, con gli Stati Uniti a un passo dalla guerra con l’Unione Sovietica. In questo contesto i supereroi sono reali e negli anni ’40 hanno vissuto la loro più grande popolarità. A causa di alcuni eventi i supereroi negli anni ’80 vengono dichiarati fuorilegge: la grande innovazione di Watchmen è che i supereroi, a parte alcuni rari casi come il Dr. Manhattan, non hanno superpoteri, ma sono semplicemente dei vigilanti mascherati. Qui i supereroi non sono i “buoni”, ma in molti casi commettono nefandezze e crimini di ogni genere.
Moore decostruisce letteralmente l’archetipo del supereroe, in una meta-narrazione che vede un cast corale di personaggi che agiscono all’interno di tavole questa volta strutturate in una griglia piuttosto rigida, con tre righe di vignette. Un’opera ricchissima di simbolismi, soprattutto riguardo l’auto-distruzione dell’umanità, in cui rientrano spesso discorsi filosofici sull’uomo e una visione quasi nichilistica della vita. Si nota anche la forte connotazione politica, del resto è stata scritta in piena guerra fredda.
Gli anni ’90: il “mago” Alan Moore
Nel 1993, in occasione del suo 40 compleanno, Moore si auto-proclama mago cerimoniale. Definisce questa scelta una “logica conclusione della mia carriera di scrittore”. L’ispirazione giunge mentre scrive From Hell, miniserie a fumetti disegnata da Eddie Campbell e incentrata sulla storia di Jack lo squartatore.
Un nuovo percorso spirituale partito da un dialogo da lui scritto in From Hell, in cui si legge che “Il luogo in cui gli dei esistono indiscutibilmente è la mente umana”. A quel punto riorganizza la sua vita attorno a questa rivelazione: Moore associa la “magia” alla scrittura. Crede che appunto la scrittura, l’arte, la musica e la scultura siano letteralmente magia, cioè la scienza per manipolare simboli, parole e immagini in grado di apportare cambiamenti nella coscienza dei lettori.
L’autore si lancia anche in elucubrazioni riguardo le limitazioni del monoteismo, infatti studia la Cabala ebraica, collegando le sue credenze esoteriche alla sua carriera di scrittore. Tutto questo si riversa irrimediabilmente sulle sue opere successive.
Negli anni ’90 scrive comunque per il fumetto popolare, cioè alcune miniserie per Spawn, alcune storie per WildC.A.T.s per l’etichetta Wildstorm e le storie di Supreme. Non si dedica solo al fumetto, ma scrive anche spettacoli teatrali, che definisce come veri e propri “riti magici”.
Lavora poi a un altro progetto decisamente importante: America’s Best Comics, che gli propone il noto disegnatore e fondatore di Wildstorm, Jim Lee. Da qui nascono importanti serie come La Lega degli Straordinari Gentlemen, Top 10 e Tom Strong. Sicuramente il più interessante tra questi, tra l’altro l’unico che Moore ha proseguito, è La Lega degli Straordinari Gentlemen, disegnato da Kevin O’Neill, una serie che rivisita i grandi romanzi della letteratura vittoriana. Unisce personaggi come il Capitano Nemo, il Dottor Jekyll, Mina Murray, Allan Quatermain, l’uomo invisibile e Mycroft Holmes, in un gruppo di supereroi che devono salvare il mondo.
La natura occultista, anarchica e “magica” dell’autore emerge potentemente anche nella serie Promethea, che narra la storia di una ragazza adolescente, Sophie Bangs, posseduta da un’antica dea pagana. La storia esplora diversi temi occulti, in particolare proprio la Cabala e il concetto di magia.
“Volevo creare un fumetto che non dipingesse l’occulto come un luogo oscuro e spaventoso, perché non è questa la mia esperienza. Promethea è più psichedelico, più sofisticato, sperimentale ed esuberante”, ha dichiarato. Una delle sue opere più personali e una lettura fortemente consigliata.
Alan Moore, uno scrittore unico
Alan Moore ha continuato a produrre anche durante gli anni ‘2000, concludendo il progetto America’s Best Comics nel 2008. Nel 2009 torna indipendente e pubblica, tra le altre cose, lo spin-off della Lega degli Straordinari Gentlemen, chiamato Nemo. Dal 2016 si ritira dal mondo del fumetto.
Non c’è dubbio: l’autore inglese con il tempo è diventato una vera e propria icona nel panorama dell’industria del fumetto e non solo. Grazie alla combinazione del suo talento narrativo e profondità intellettuale, Moore ha creato opere straordinarie e dirompenti, andando oltre i limiti imposti dal medium e ridefinendo il concetto stesso di graphic novel. Per questo nella sua lunga carriera ha vinto tantissimi premi, tra cui numerosi Jack Kirby Awards, Eagle Awards e Hugo Award.
Ha trattato tematiche estremamente complesse, spesso ricche di elementi filosofici e occulti: un genio creativo che è emerso anche grazie alla sua autenticità e integrità artistica. Non si è mai piegato all’industria editoriale e ha sempre preso scelte libere. Spesso si è scagliato contro Hollywood e gli adattamenti cinematografici delle sue opere, rivendicando per il fumetto una autonomia culturale e tecnica rispetto ad altre forme d’arte.
Tra le sue influenze si possono citare sicuramente Will Eisner, Harvey Kurtzman e Jack Kirby, ma a sua volta ha influenzato una lunga lista di scrittori, non solo nel mondo del fumetto, tra cui Neil Gaiman, Joss Whedon e Damon Lindelof.
La sua dedizione all’espressione artistica, combinata con un’incredibile immaginazione, ha portato alla creazione di opere indimenticabili, che continueranno a essere ammirate e analizzate per molti anni a venire.
Alan Moore resterà per sempre una leggenda, il mago supremo delle parole e delle immagini.